La notte in cui il calcio sfidò la dittatura
Dic 23, 2025


Nel 1973 l’Uruguay si giocò il Mondiale mentre il Paese cadeva sotto il regime militare: una Nazionale divisa tra coscienza civile e pallone

Nel giugno del 1973 la Nazionale uruguaiana partì per le eliminatorie mondiali da un Paese ancora democratico e tornò a casa sotto una dittatura militare. In mezzo, uno sciopero generale, la paura, le pressioni politiche e una partita che rischiò di trasformarsi in un atto di ribellione collettiva.

1973, l’Uruguay si trovò sotto il tallone della dittatura

L’Uruguay di Hugo Bagnulo pareggiò 0-0 a Bogotá contro la Colombia e poi vinse in rimonta a Quito contro l’Ecuador, mentre a Montevideo il Parlamento veniva sciolto e il sindacato dei lavoratori, la CNT, proclamava la paralisi totale del Paese. Il calcio, improvvisamente, non era più soltanto calcio.

La gente scende in strada per manifestare contro le limitazioni della libertà. Il golpe in Uruguay del 27 giugno 1973 fu un “auto-golpe” orchestrato dal presidente democraticamente eletto Juan María Bordaberry, che sciolse il parlamento e instaurò una dittatura civile-militare con l’appoggio delle forze armate per reprimere i Tupamaros e i movimenti sociali, portando a repressione, tortura, sparizioni e alla messa al bando di partiti e sindacati fino al ritorno alla democrazia nel 1985

8 luglio 1973, l’undici dell’Uruguay sceso in campo nella vittoria 4-0 contro l’Ecuador. In piedi, da sinistra: Hector Santos, Luis Ubiña, Juan Masnik, Alberto Cardaccio, Gustavo De Simone, Mario Zoryez. Accosciati, sempre da sinistra: Luis Cubilla, Victor Espárrago, Fernando Morena, Francisco Bertocchi and Denis Milar

Il 6 luglio, al Centenario, la sfida con la Colombia divenne un simbolo. Il regime dichiarò l’evento di “interesse nazionale” e lo trasmise in diretta televisiva per svuotare lo stadio. Nelle ombre, però, qualcuno pensò a un gesto clamoroso: spegnere la luce dell’impianto come atto di protesta. L’idea non si concretizzò. La Colombia vinse 1-0 nello stadio simbolo della Celeste e dell’intero calcio charrúa.

Lo storico successo della Colombia al “Centenario” celebrato sui giornali dell’epoca

Luis Ubiña al Mondiale inglese del 1966, insieme alla Regina Elisabetta

Nei giorni successivi le pressioni aumentarono. Alcuni chiesero alla Nazionale di non presentarsi contro l’Ecuador. Il capitano Luis Ubiña fu il destinatario di quelle richieste. Lo spogliatoio discusse fino all’alba, diviso tra responsabilità civica e dovere sportivo.

Due fotogrammi del successo dell’Uruguay in Ecuador

Alla fine l’Uruguay giocò. Vinse 4-0 e si qualificò per il Mondiale di Germania 1974. Ma nulla fu più come prima. La squadra venne sciolta, l’allenatore lasciato a casa, il Paese sprofondò in dodici anni di dittatura.

Quella Nazionale non fu solo una squadra di calcio: fu lo specchio di un Paese costretto a scegliere tra silenzio e coscienza, sotto le luci – mai spente – del mitico Centenario.

Mario Bocchio

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