
L’ultimo scudetto di Rivera e Liedholm
Il 6 maggio del 1979 Milano è avvolta da una luce sospesa, quasi timida. A San Siro non c’è bisogno di gol, né di fuochi d’artificio: basta uno 0-0 contro il Bologna per consegnare al Milan di Nils Liedholm il decimo scudetto della sua storia, quello che vale la Stella. Un traguardo raggiunto con misura, in un campionato in cui ogni vittoria pesa due punti e la fatica si accumula domenica dopo domenica. Alla fine i rossoneri arrivano a 44, tre in più del Perugia rivelazione, che fino all’ultimo rifiuta l’idea di arrendersi.

Eppure l’anno non era cominciato sotto i migliori auspici. La Coppa Italia si era rivelata un inciampo precoce, una porta chiusa troppo in fretta. Nel girone eliminatorio il Milan aveva fatto il suo, battendo Lecce e Foggia e pareggiando con il Catanzaro, ma la sconfitta contro la Spal aveva lasciato il segno. A festeggiare il passaggio del turno erano stati proprio i calabresi, mentre i rossoneri erano tornati a concentrarsi sul campionato, quasi sollevati dall’idea di avere un solo orizzonte davanti.

In Serie A, infatti, il Milan cambia passo subito. Nelle prime settimane Rivera guida la squadra come un direttore d’orchestra che conosce a memoria ogni nota: arrivano quattro vittorie e un pareggio, abbastanza per prendersi la testa della classifica. Ma il campionato di quell’anno non concede tregua.

Alla sesta giornata il Perugia approfitta della caduta rossonera sul campo della Juventus campione d’Italia e si prende il comando. È un’alternanza continua, una lotta silenziosa fatta di piccoli strappi e di pazienza. Due turni dopo il Milan torna a farsi sotto, all’undicesima giornata sorpassa gli umbri e al giro di boa, quando finisce l’andata, ha già messo tre punti tra sé e l’inseguitrice.

Nel ritorno il duello diventa quasi una questione morale. Il Perugia non perde mai, non cade mai, resta in piedi anche quando sembra sul punto di vacillare. Lo scontro diretto al Curi, alla venticinquesima giornata, fotografa perfettamente l’equilibrio di quella stagione: finisce 1-1, con due rigori trasformati, uno per parte, lo stesso risultato dell’andata. Nessuno riesce davvero a scappare, nessuno cede.

La svolta arriva lontano dai riflettori, nella terzultima domenica. Il Milan va a Catanzaro e vince 3-1, con la determinazione di chi sente il traguardo vicino. Il Perugia, invece, si ferma a Verona sull’1-1. È lì che il campionato prende la sua forma definitiva. Una settimana dopo, a San Siro, basta non perdere. Il pareggio senza reti contro il Bologna è sufficiente per far partire la festa: il Milan è campione d’Italia, la Stella può finalmente brillare sulla maglia.

Resta, accanto al trionfo rossonero, l’impresa irripetibile degli umbri di Ilario Castagner, capaci di chiudere il torneo senza sconfitte. Un primato che nella storia verrà eguagliato solo da pochissimi altri.
In Europa il cammino è stato intenso ma breve. In Coppa Uefa il Milan supera la Lokomotíva Košice ai rigori e poi il Levski Spartak, prima di fermarsi contro il Manchester City. Il 2-2 di San Siro illude, il 3-0 di Maine Road riporta tutti con i piedi per terra.
Quando la stagione si chiude, però, non è solo il tempo dei bilanci. È anche il momento dei saluti. Gianni Rivera lascia il calcio giocato in silenzio, con appena tredici presenze nell’ultimo anno ma con una carriera che racconta 658 partite e 164 gol in rossonero. Insieme a lui se ne va anche Liedholm, in disaccordo con la dirigenza, diretto a Roma. Il Milan resta lì, con la Stella appena cucita sul petto, figlia di una stagione sobria, combattuta e profondamente milanese.
Mario Bocchio
