
Lo scudetto dell’Inter di Eugenio Bersellini, vinto con disciplina, misura e unità
Non urlava mai, Eugenio Bersellini. Guardava, stringeva le labbra, pretendeva solo concentrazione. Mentre il calcio italiano si perdeva in promesse roboanti e filosofie del bello, lui plasmava un’Inter fatta per vincere con intelligenza e sacrificio. E nel 1979-’80 – la stagione in cui i nerazzurri guidarono il campionato dalla prima all’ultima giornata – arrivò il tricolore, frutto di una squadra che sapeva cosa fare e come farlo, più che di numeri straordinari nei libri di statistica.
La sua era l’Inter dell’equilibrio e della sostanza. In difesa uomini come il portiere Bordon, poi Bini, Canuti, Mozzini e Marini formavano una barriera concreta; sulla fascia Pasinato correva instancabile; nel cuore del gioco Oriali incarnava la lotta e l’abnegazione, dando anima e respirazione al collettivo.

E poi c’erano gli avanti di mestiere e di istinto: la freddezza implacabile di Altobelli, sempre pronto a trasformare in rete il lavoro degli altri, il tocco di classe di Beccalossi e la duttilità pratica di Caso e Muraro, capaci di tessere trame quando serviva e di sacrificarsi sempre per la squadra.

Bersellini allenava come un sergente, ma pensava come un artigiano del calcio. Ogni seduta di allenamento aveva un senso, ogni partita una logica precisa: ordine, concentrazione, rispetto delle regole, fiducia reciproca. Nessuna esibizione superflua, nessuna volatilissima promessa di gloria. Solo lavoro quotidiano e un gruppo che si guardava negli occhi e sapeva di poter contare l’uno sull’altro.

Quando il titolo fu matematico – quel 27 aprile segnato dal pareggio decisivo contro la Roma- non ci fu grande sbattimento, ma una consapevolezza collettiva: avevano fatto tutto con metodo, senza affidarsi al caso.
E così lo scudetto dell’Inter di Bersellini vive ancora nella memoria non per i numeri, ma per il carattere umile e concreto di una squadra che vinse insieme, con disciplina e senza clamore.
Un trionfo (e un ricordo) che parla ancora la lingua del lavoro ben fatto.
Mario Bocchio
