Il silenzio operoso del sergente
Dic 18, 2025

Lo scudetto dell’Inter di Eugenio Bersellini, vinto con disciplina, misura e unità

Non urlava mai, Eugenio Bersellini. Guardava, stringeva le labbra, pretendeva solo concentrazione. Mentre il calcio italiano si perdeva in promesse roboanti e filosofie del bello, lui plasmava un’Inter fatta per vincere con intelligenza e sacrificio. E nel 1979-’80 – la stagione in cui i nerazzurri guidarono il campionato dalla prima all’ultima giornata – arrivò il tricolore, frutto di una squadra che sapeva cosa fare e come farlo, più che di numeri straordinari nei libri di statistica.

La sua era l’Inter dell’equilibrio e della sostanza. In difesa uomini come il portiere Bordon, poi Bini, Canuti, Mozzini e Marini formavano una barriera concreta; sulla fascia Pasinato correva instancabile; nel cuore del gioco Oriali incarnava la lotta e l’abnegazione, dando anima e respirazione al collettivo.

Eugenio Bersellini alla “Pinetina”

E poi c’erano gli avanti di mestiere e di istinto: la freddezza implacabile di Altobelli, sempre pronto a trasformare in rete il lavoro degli altri, il tocco di classe di Beccalossi e la duttilità pratica di Caso e Muraro, capaci di tessere trame quando serviva e di sacrificarsi sempre per la squadra.

Alessandro Altobelli, migliore marcatore interista della stagione, in azione nella trasferta di Napoli con la seconda divisa bianca

Bersellini allenava come un sergente, ma pensava come un artigiano del calcio. Ogni seduta di allenamento aveva un senso, ogni partita una logica precisa: ordine, concentrazione, rispetto delle regole, fiducia reciproca. Nessuna esibizione superflua, nessuna volatilissima promessa di gloria. Solo lavoro quotidiano e un gruppo che si guardava negli occhi e sapeva di poter contare l’uno sull’altro.

I calciatori nerazzurri festeggiano a “San Siro” la vittoria del dodicesimo scudetto

Quando il titolo fu matematico – quel 27 aprile segnato dal pareggio decisivo contro la Roma- non ci fu grande sbattimento, ma una consapevolezza collettiva: avevano fatto tutto con metodo, senza affidarsi al caso.

E così lo scudetto dell’Inter di Bersellini vive ancora nella memoria non per i numeri, ma per il carattere umile e concreto di una squadra che vinse insieme, con disciplina e senza clamore.

Un trionfo (e un ricordo) che parla ancora la lingua del lavoro ben fatto.

Mario Bocchio

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