L’URSS e il calcio: disciplina, talento e propaganda di una nazionale leggendaria
Dic 9, 2025

Da Lev Yashin a Oleg Blokhin, la storia della nazionale sovietica tra successi internazionali, innovazioni tattiche e influenza culturale


La nazionale di calcio dell’Unione Sovietica, attiva dal 1920 fino alla dissoluzione del 1991, rappresenta uno degli esempi più interessanti di come sport e politica possano intrecciarsi. Non si trattava solo di una squadra di giocatori: l’URSS vedeva nel calcio uno strumento di coesione sociale, propaganda ideologica e prestigio internazionale. La nazionale, composta da atleti provenienti da tutte le repubbliche sovietiche – Russia, Ucraina, Georgia, Armenia, Bielorussia, e altre – incarnava l’ideale collettivista del Paese, trasformando la diversità etnica in una forza sul campo.

La squadra dell’URSS del 1927

Il calcio arrivò in Russia alla fine del XIX secolo e divenne popolare nelle grandi città industriali come Mosca e San Pietroburgo. Dopo la Rivoluzione del 1917, inizialmente il nuovo regime guardò con sospetto allo sport “borghese”, ma negli anni ’20 lo Stato riconobbe le sue potenzialità per promuovere salute, disciplina e unità sociale. Nel 1923 nacque il Comitato centrale per lo sport e la cultura fisica, che formalizzò lo sviluppo sportivo in tutto il Paese. La prima partita internazionale ufficiale della nazionale sovietica fu giocata il 16 novembre 1924 contro la Turchia, con vittoria 3-0. Prima di entrare nella FIFA, i sovietici disputarono incontri contro squadre di lavoratori di Germania, Austria e Finlandia, allineandosi all’ideale proletario internazionale.

Negli anni ’30 il calcio sovietico si professionalizzò con la nascita della Vysšaja Liga (Soviet Top League) nel 1936. Club come Dynamo Moscow, legato all’NKVD, Spartak Moscow, legato ai sindacati, e Dinamo Tbilisi divennero fucine di talenti come Mikhail Butusov e Yevgeny Yeliseyev. La Seconda Guerra Mondiale interruppe ogni attività, ma il dopoguerra segnò una rapida rinascita, grazie anche alla volontà dello Stato di usare lo sport come strumento di soft power.

Il vero salto internazionale avvenne negli anni ’50. L’URSS entrò nella FIFA nel 1952 e vinse l’oro alle Olimpiadi di Melbourne del 1956, battendo la Jugoslavia in finale grazie a Nikita Simonyan. La squadra contava su stelle come Igor Netto e Lev Yashin, il leggendario portiere soprannominato “Ragno Nero”, celebre per riflessi straordinari e capacità di comandare la difesa. Yashin divenne l’unico portiere a vincere il Pallone d’Oro nel 1963, consolidando la sua fama mondiale.

Il momento più significativo arrivò nel 1960, con la vittoria del primo Campionato Europeo. La finale contro la Jugoslavia a Parigi si risolse ai tempi supplementari, con la rete decisiva di Viktor Ponedelnik. La squadra, guidata da Gavriil Kachalin, combinava tattica, disciplina e tecnica, mostrando al mondo l’efficacia del modello collettivista sovietico. La vittoria non fu solo sportiva, ma anche simbolica: dimostrava la superiorità del sistema socialista nel confronto ideologico con l’Occidente.

La squadra dell’URSS al Campionato europeo del 1988, prima di sfidare l’Italia

Negli anni ’60 e ’70, la nazionale mantenne un alto livello di competitività. La semifinale ai Mondiali del 1966 in Inghilterra, pur persa contro la Germania Ovest, confermò il valore internazionale della squadra. Tuttavia, il calcio sovietico incontrò difficoltà a evolversi con il tempo: l’isolamento dai campionati occidentali e il controllo statale sui trasferimenti limitavano la crescita individuale e tattica. Nonostante ciò, emergono figure iconiche come Oleg Blokhin, attaccante del Dynamo Kyiv, vincitore del Pallone d’Oro nel 1975, e Valeriy Lobanovskyi, allenatore che rivoluzionò il calcio con il suo approccio scientifico. La sua metodologia enfatizzava pressing, condizionamento fisico, flessibilità tattica e analisi dati, anticipando concetti che oggi guidano il calcio moderno.

Negli anni ’80, la squadra continuò a competere ad alto livello, raggiungendo la finale degli Europei del 1988 in Germania Ovest, persa contro l’Olanda. La squadra combinava veterani e giovani talenti, con giocatori come Igor Belanov, Rinat Dasayev e Oleksandr Zavarov. Questo periodo vide anche i primi trasferimenti in club occidentali, frutto delle riforme di Gorbachev, che permisero ai giocatori di confrontarsi con il calcio globale.

La Scozia ha giocato contro la CSI a Euro 1992, dove entrambe le squadre sono state eliminate nella fase a gironi

La dissoluzione dell’URSS nel 1991 segnò la fine della nazionale unificata. L’ultima partita ufficiale fu un 2-0 contro Cipro. La squadra fu sostituita dalla nazionale della Comunità degli Stati Indipendenti (CSI) per Euro ‘92, ma senza la coesione della formazione sovietica. I nuovi stati dovevano costruire ex novo le proprie infrastrutture, mentre molti talenti migliori furono assorbiti da club esteri o dalla Russia, indebolendo le squadre emergenti.

Valeriy Lobanovskyi, il leggendario allenatore che ha sviluppato tattiche ben prima del suo tempo

L’eredità della nazionale sovietica non risiede solo nei trofei, ma anche nella filosofia tattica e nello spirito collettivo. L’approccio scientifico di Lobanovskyi, la disciplina e il rigore atletico, l’integrazione di diverse etnie e culture, e la capacità di trasformare il calcio in strumento di coesione e identità nazionale hanno lasciato un segno duraturo. Successor state come Ucraina e Russia hanno continuato a beneficiare di questa eredità: il cammino fino ai quarti di finale dei Mondiali del 2006 e le semifinali dell’Europeo 2008 sono esempi della continuità sovietica nel calcio moderno.

Oggi, il calcio sovietico vive nella memoria e nella nostalgia: stadi come Luzhniki, statue di Yashin, memorabilia e documentari ricordano un’epoca in cui il calcio era più di uno sport, era simbolo di unità, disciplina e innovazione. La nazionale dell’URSS rimane un modello di come talento individuale, strategia collettiva e ideologia possano intrecciarsi per creare un’eredità sportiva e culturale che trascende confini e generazioni.

Mario Bocchio

Condividi su: