Il Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi
Dic 5, 2025

La piccola provincia che, per un lampo irripetibile, sfidò i giganti del calcio italiano

Il Lanerossi Vicenza di Paolo Rossi è un’immagine che torna sempre come un fotogramma inciso nella memoria: maglie biancorosse come caramelle a righe, la nebbia del Menti che si apre davanti a un ragazzo magro, sorriso largo, che corre leggero come se il campo fosse solo suo.

Quando l’allenatore del Lanerossi Vicenza inventò Paolo Rossi: “Gli disse solo: vieni incontro, la dai e vai. E lui sorrise”

Era la fine degli anni Settanta e Vicenza sembrava il posto meno adatto per un miracolo sportivo. Eppure successe. Giovan Battista Fabbri disegnò una squadra geometrica e coraggiosa, fatta di corse, idee e fiducia totale in quel centravanti che fino a poco prima nessuno conosceva davvero. Paolo Rossi, “Pablito”, arrivò dal Como senza rumore, con un prestito che sembrava di passaggio. Invece esplose.

Il Vicenza non giocava solo bene: sorprendeva. Una squadra di provincia che rifiutava la paura, che pressava alta quando nessuno lo faceva, che trasformava ogni palla recuperata in uno scatto verso la porta. E Rossi, puntuale come una sveglia, arrivava sempre un attimo prima del difensore. Gol semplici, essenziali, inevitabili.

“Pablito” contro la sua futura squadra, la Juventus

La stagione 1977-’78 rimane un unicum: il Lanerossi secondo in campionato dietro solo alla Juventus, con Pablito capocannoniere. La provincia contro l’impero, e per mesi sembrò che potesse davvero vincere. Vicenza si scoprì innamorata di sé stessa: il calcio diventò festa collettiva, identità, promessa di un futuro più largo.

Nello spogliatoio del Real Vicenza

Poi, come accade alle favole che non pretendono di durare, tutto tornò al proprio posto. Rossi partì per Perugia, il Vicenza scivolò via dal sogno. Ma l’eco rimase: una squadra normale che per un anno fece cose straordinarie, spinta da un campione che giocava con l’innocenza dei ragazzi di strada.

Il Lanerossi di Paolo Rossi continua a vivere lì, in quell’istante sospeso in cui la provincia fece tremare l’Italia. Una storia breve, luminosa, irripetibile. Come un gol di Pablito.

Mario Bocchio

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