
Nel 1983 Dirk Schlegel e Falko Götz, stelle della Dynamo Berlino, scapparono dalla Stasi durante una trasferta europea. La loro fuga rocambolesca li portò dal cuore del regime comunista alla Bundesliga
Cresciuti fianco a fianco a Berlino Est, Dirk Schlegel e Falko Götz avevano condiviso tutto: l’infanzia all’ombra del Muro, i sogni di calcio e la diffidenza del regime. Entrambi militavano nella Dynamo Berlino, la squadra del Ministero della Sicurezza di Stato, controllata direttamente dal potente capo della Stasi, Erich Mielke. In un Paese dove lo sport era propaganda, loro due erano considerati “inaffidabili”: Götz aveva parenti in Germania Ovest, Schlegel un’amica in Inghilterra.

Nel 1983 decisero di tentare la fuga. Ne parlarono solo tra loro, camminando nei boschi per evitare microfoni e spie. La prima occasione sfumò in Lussemburgo, durante una partita di Coppa dei Campioni. La sorveglianza era troppo stretta. Ma il destino offrì un’altra chance: il secondo turno contro il Partizan Belgrado.

Il 2 novembre, poche ore prima del match di ritorno, l’autobus della Dynamo si fermò nel centro di Belgrado. “Avete un’ora libera”, disse un dirigente. Götz e Schlegel si scambiarono un’occhiata: era il momento. Fingendo di voler fare acquisti, entrarono in un negozio di dischi e, non appena videro una porta laterale, uscirono e corsero via.

Riuscirono a raggiungere l’ambasciata della Germania Ovest. Da lì, con documenti falsi e l’aiuto dei diplomatici, viaggiarono in treno fino all’Austria. Al controllo di frontiera, il cuore in gola, passarono indenni. All’alba del 3 novembre 1983 erano a Monaco di Baviera. Nei chioschi, i giornali titolavano già: “Giocatori della Germania Est fuggono in Occidente”.

Le conseguenze furono pesanti. Le loro famiglie subirono interrogatori, pedinamenti e minacce. I due calciatori, assistiti dall’ex allenatore dissidente Jörg Berger, firmarono per il Bayer Leverkusen, ma dovettero attendere un anno per il debutto. Erano considerati “traditori” in patria, e persino in Occidente la Stasi continuò a tenerli sotto controllo.
Nonostante tutto, Schlegel e Götz riuscirono a costruirsi una carriera nella Bundesliga. Anni dopo, entrambi raccontarono di aver trovato nei fascicoli della Stasi tracce inquietanti di quella sorveglianza. Ma la scelta, dicono, rifarebbero senza esitazione.
“L’ho fatto per la mia vita” ricorda oggi Schlegel. “Per poter scegliere da solo il mio futuro”
Mario Bocchio
