Kairat Almaty, il ritorno del cemento: dal sogno sovietico al riscatto del magnate
Nov 13, 2025


Un club nato nell’URSS, rinato nell’indipendenza e guidato da un presidente caduto in disgrazia: la sorprendente ascesa del Kairat Almaty, prima squadra kazaka capace di raggiungere la Champions League moderna

Nel cuore di Almaty, tra le montagne del Tien Shan e il vento della steppa, il calcio ha sempre avuto un nome solo: Kairat. Nato nel 1954 come Lokomotiv Alma-Ata, il club cambiò presto pelle e, nel 1956, assunse quel nome breve e fiero che in kazako significa “forza”. Ai tempi dell’Unione Sovietica, fu l’unica squadra della Repubblica Socialista Kazaka a giocare nella massima serie: “la squadra della nazione”, come la chiamavano i giornali di Mosca. Per il suo stile difensivo granitico la ribattezzarono il cemento del Kairat.

Il Kairat impegnato in un’amichevole contro la nazionale del Pakistan nel 1968

Ottenne nel 1986 il suo miglior piazzamento: il settimo posto nel campionato sovietico. Nel 1960 adottò il cosiddetto sistema brasiliano 4-2-4, rafforzando la difesa e guadagnandosi, come detto, il soprannome di “il cemento del Kairat”. I giornali usarono spesso questa espressione nei titoli, fino al 1979, quando dopo una sconfitta con lo Zenit Leningrado, la rivista Smena scrisse ironicamente: “Il cemento si è crepato”.


Tre stemmi per tre epoche diverse. Da sinistra: quello usato dal 1960 al 1970, quello nel decennio ’70-’80 e quello attuale

Il Kairat si distinse anche nella seconda divisione sovietica, vincendo il campionato nel 1976 e nel 1983, primo club kazako a riuscirci. Diversi suoi giocatori furono convocati nella nazionale sovietica, tra cui Seilda Baishakov, primo kazako a esordire in una gara di qualificazione mondiale nel 1978, ed Evgeniy Yarovenko, campione olimpico a Seul 1988.

Primi nella “maratona” del 1976

Dopo l’indipendenza del Kazakistan, nel 1991, fu naturale che proprio loro vincessero il primo campionato nazionale, simbolo di un Paese che cercava la propria voce. Ma il vento economico degli anni ’90 portò instabilità, debiti, scissioni interne. Il club finì in rovina, fino a rinascere all’inizio del nuovo secolo, unificato e più solido.

Nel 2004 tornò campione. Poi di nuovo silenzio, stagnazione, e un’altra rinascita vent’anni dopo.

Seilda Baishakov

Il nuovo miracolo arrivò nel 2012, quando un uomo dal nome profetico – Kairat Boranbaiev – acquistò la squadra per una cifra irrisoria. Ex dirigente del gas, imprenditore abile e spregiudicato, costruì attorno al club un impero di strutture sportive, accademie, campi d’allenamento. Nessun’altra società dell’Asia centrale poteva vantare simili risorse. Ma la sua ascesa personale, intrecciata a quella del club, aveva un prezzo.

Evgeniy Yarovenko

Per anni Boranbaiev fu una delle figure più potenti e controverse del Paese, vicino al clan dell’ex presidente Nazarbayev. Alla festa di nozze di sua figlia con il nipote del leader suonò persino Kanye West.

Poi, nel 2022, con il crollo del vecchio regime e le rivolte popolari, arrivò la caduta: accuse di appropriazione indebita, otto anni di carcere, un impero economico smantellato pezzo per pezzo.

Una gara nello stadio di Alma-Ata negli anni Ottanta

È tornato in libertà nel 2023, dopo un accordo con lo Stato e la restituzione di centinaia di milioni. E proprio mentre cercava di ricostruirsi, il suo Kairat ha scritto la pagina più bella della sua storia. Campione del Kazakistan nel 2024, nel 2025 ha eliminato Olimpija Ljubljana, KuPS, Slovan Bratislava e infine il Celtic Glasgow per entrare, per la prima volta, nella fase a gironi della Champions League.

Kairat Boranbayev

Da Almaty a Lisbona: 6.900 chilometri, il viaggio più lungo mai registrato nella competizione. In città, nel quartier generale del club, un televisore trasmette in loop la partita con gli scozzesi, come una reliquia. “Tutto il Kazakistan ha sempre tifato per il Kairat” ama ripetere Boranbaiev, oggi di nuovo sorridente, accolto dal sindaco e dai tifosi come un uomo risorto.

La sfida in Champions contro il Real Madrid

Dal cemento sovietico alle luci della Champions, il Kairat Almaty è la parabola perfetta di un Paese che non smette di rialzarsi: solido, testardo, capace di costruire il proprio futuro anche dopo essere crollato più di una volta.

Mario Bocchio

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