
Nato per caso all’Avana e cresciuto in Asturias, Chus Alonso divenne una delle figure più affascinanti del Real Madrid degli anni ’40, un talento spettacolare più che vincente, capace di lasciare un segno nella storia del club
Non fu mai tra i migliori, né uno di quei giocatori decisivi che entrano nella leggenda per i gol nei momenti chiave. Ma Jesús “Chus” Alonso aveva un dono raro: la capacità di trasformare ogni gesto in spettacolo. Nato all’Avana nel 1917 da una famiglia asturiana di passaggio a Cuba, crebbe in Spagna, dove iniziò giovanissimo la carriera nel Sportiva Ovetense, filiale dell’Oviedo. A soli 17 anni debuttò in Segunda División e attirò subito l’attenzione del Real Madrid.
I “merengues” lo acquistarono nel 1936, ma la Guerra Civile spagnola interruppe bruscamente la sua ascesa. Dopo anni di inattività, Chus tornò al calcio nel 1941, quando finalmente debuttò con il Real Madrid, segnando alla sua prima apparizione contro il Valencia. Da allora divenne titolare e per un breve periodo vestì anche la maglia della nazionale spagnola.
Alto 1,74 per una struttura fisica imponente, Chus era un centrocampista intelligente e tecnico, capace di fungere da regista e da falso nueve. Non correva molto, ma sapeva leggere il gioco e illuminare la manovra. Il suo punto forte erano i passaggi aerei e il colpo di testa, con cui realizzò gran parte dei suoi 65 gol in 159 partite con il Real Madrid.

La sua fama è legata a uno dei momenti più controversi e leggendari della storia del club: la semifinale di Coppa del Generalísimo del 1943 contro il Barcellona. Dopo aver perso 3-0 all’andata, il Madrid travolse i catalani 11-1 nella gara di ritorno, con due gol di Chus. Quella partita, segnata da tensioni e intimidazioni, è ricordata come l’origine della rivalità moderna tra le due squadre.
Nel 1944 gli fu diagnosticata un’insufficienza cardiaca, ma tornò comunque in campo grazie al sostegno del nuovo presidente madridista, Santiago Bernabéu, lui stesso di origini cubane. Il suo momento più memorabile arrivò nel 1947, quando segnò i primi due gol ufficiali del nuovo stadio Chamartín, futuro Santiago Bernabéu.

Sul finire degli anni Quaranta passò al Real Zaragoza e, nel 1950, si ritirò. Pur non avendo vinto molto, Chus Alonso rimase nell’immaginario collettivo come il simbolo del talento istintivo e della grazia calcistica.
Trascorse il resto della vita a Madrid, lavorando in ambito sportivo e mantenendo un legame indissolubile con il club. Morì nel 1979, stroncato da una malattia fulminante.
Nella storia del calcio cubano, quasi inesistente a quei livelli, Chus Alonso resta un’eccezione luminosa: un “cubano per caso” che seppe scrivere pagine indelebili nella storia del Real Madrid.
Mario Bocchio
