Fabio Roccheggiani, il pittore del calcio e dei sogni di Tunisi
Ott 24, 2025

Dalle Marche al Maghreb: la storia dell’allenatore-artista che costruì il mito del Club Africain

Nato a Falconara Marittima il 28 giugno 1925, Fabio Roccheggiani sembrava destinato a due vite: una fatta di colori, l’altra di palloni. Calciatore di centrocampo nella Falconarese, poi nell’Ancona e nella Ternana, portava già in sé quella doppia anima: la precisione dell’artigiano e l’estro dell’artista. Diplomato all’Accademia di Belle Arti di Firenze, unì presto calcio e pittura in un unico linguaggio.

Fabio Roccheggiani: l’architetto dei sogni e delle leggende del Club Africain


Nel 1957 sbarcò a Tunisi, chiamato a guidare il Club Africain, una delle squadre simbolo del Paese. Quello che doveva essere un incarico temporaneo divenne la sua vita. L’Italia restò alle spalle, e davanti a lui si aprì un orizzonte nuovo, luminoso e febbrile, come i tramonti di Cartagine. Lì sposò Janette, della comunità maltese, e nacque il figlio Andrea. Lì trovò anche una patria, un popolo e un destino.

Con Roccheggiani, al centro, si riconosce anche il giovane portiere Attouga, a destra)


Allenatore rigoroso e visionario, Roccheggiani portò in Tunisia un’idea di calcio moderna, ispirata al 4-2-4 ma piegata alla creatività dei suoi giocatori. Credeva nella formazione totale: dal campo alla vita, dal gesto tecnico all’immaginazione. In un’epoca in cui tutto era ancora empirico, organizzò il vivaio del Club Africain come un laboratorio permanente, seguendo ogni squadra, dai ragazzi ai seniores. Setacciava i campi polverosi dei quartieri periferici per scovare talenti grezzi e insegnava loro a trattare il pallone con la stessa delicatezza con cui si accarezza un pennello.

Allenatore rigoroso e visionario, Roccheggiani portò in Tunisia un’idea di calcio moderna



Da quel lavoro certosino nacque una generazione irripetibile: Tahar Chaïbi, Attouga, Jedidi, Touati, Bouajila, Chaâoua. Campioni forgiati con metodo e passione. Sotto la sua guida, il Club Africain conquistò il campionato 1963-’64 e la Coppa di Tunisia 1964-’65, aprendo un ciclo d’oro che avrebbe segnato il calcio tunisino.

La moglie Janette



Ma la vita gli riservò un epilogo crudele. Nel 1967, a soli quarantuno anni, Fabio morì a Tunisi, stroncato da una malattia improvvisa. Qualche mese dopo, la squadra che aveva plasmato vinse il suo primo double – campionato e coppa – dedicandolo al suo maestro scomparso. Nella festa, i giocatori sollevarono in trionfo il piccolo Andrea, sette anni appena, come simbolo di un’eredità che non doveva morire.

Il funerale di Roccheggiani,



Oltre al calcio, Roccheggiani lasciò un segno profondo anche nell’arte tunisina. Dal 1959 espose nei principali saloni e fece parte del “Groupe des Six” fondato da Néjib Belkhodja, insieme a Mahdaoui, Larnaout, Gmech e Carrachi. Pittore astratto e lettrista, cercava nei colori la stessa libertà che predicava in campo: un’arte senza confini, come il suo destino.

Il figlio portato in trionfo nel ricordo del papà


Oggi il suo nome vive nello stadio di Falconara Marittima, e ancora risuona nei ricordi del Club Africain come quello di un architetto di sogni, di un italiano che seppe diventare tunisino per amore, per scelta e per visione.

Fabio Roccheggiani: il pittore che dipinse il calcio con le mani, e la vita con il cuore.

Mario Bocchio

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