
Dal Mönchengladbach ai trionfi in Spagna e in Olanda, passando per l’amicizia con del Bosque e Santillana: la parabola gentile e luminosa di un talento danese troppo silenzioso per restare nella memoria collettiva
C’è stato un tempo in cui un ragazzo biondo del Nord, arrivato da Nørresundby senza nemmeno aver calcato i campi della Serie A danese, divenne uno dei simboli più eleganti del calcio europeo. Si chiamava Henning Jensen, e nell’estate del 1976 il Real Madrid decise di farne il primo danese della sua storia.

Era già un nome noto in Germania: con il Borussia Mönchengladbach aveva formato un tandem d’attacco irresistibile con Allan Simonsen, conquistando due titoli di Bundesliga, una Coppa di Germania e la Coppa UEFA. Quando il Real lo acquistò per 50 milioni di pesetas – una cifra importante per l’epoca – Jensen preferì le luci del Bernabéu all’Ajax, allora una delle squadre più forti del mondo.


A Madrid gli affidarono la maglia numero 8, una casacca che aveva vestito e avrebbe vestito leggende come Schuster, Michel, Mijatović e, più tardi, Kroos. Accanto a Santillana, del Bosque e Juanito, Jensen fu parte di un Real elegante e tecnico, capace di vincere due campionati consecutivi (1977-’78 e 1978-’79). In tre stagioni collezionò 81 presenze e 16 gol, numeri che raccontano solo in parte il suo valore: più assistente che finalizzatore, più ingranaggio che stella.
Poi arrivò l’Ajax, dove nel 1979-’80 aggiunse un altro titolo nazionale a una carriera che sembrava disegnata con il compasso: Borussia, Real, Ajax, tre delle squadre più forti e simboliche d’Europa in quegli anni. Un percorso di eleganza e misura, come il suo stile di gioco.
Jensen non amava i riflettori. Fu descritto come un uomo troppo gentile, troppo pacato, troppo rispettoso per la brutalità del calcio di alto livello. Ma in campo era un altro: rapido, leggero, quasi etereo, da cui il soprannome “L’Angelo del calcio”.
Con la nazionale danese, tra il 1972 e il 1980, raccolse 21 presenze e 9 reti, e il privilegio di rappresentare il calcio del suo Paese in un’epoca in cui la Danimarca non era ancora la fucina di talenti che sarebbe diventata.
Dopo il ritiro tornò a casa, al Nørresundby, chiudendo un cerchio cominciato molti anni prima. Rimase legato al Real Madrid, partecipando alle riunioni dei “Veteranos” e pranzando di tanto in tanto con del Bosque, Santillana, Juan Sol e Isidro San José.

Nel 2017, a soli 68 anni, Henning Jensen morì di cancro, scoperto appena dieci giorni prima della fine. Il Bernabéu gli dedicò un minuto di silenzio prima di una partita di Champions contro il Borussia Dortmund, un omaggio silenzioso, come silenziosa era stata la sua grandezza.
Henning Jensen, l’uomo che vinse in Germania, Spagna e Olanda, resta una leggenda nascosta tra le pieghe della storia. Il primo danese del Real Madrid, l’Angelo del football.
Mario Bocchio