
Piccolo di statura ma immenso sotto porta, Fleury Di Nallo ha scritto una delle pagine più luminose nella storia dell’Olympique Lyonnais
Nato a Lione il 20 aprile 1943 da una famiglia di origini italiane, Fleury Di Nallo sembrava destinato al calcio fin da bambino. Era minuto – appena un metro e sessantasette – ma dentro quel fisico esile c’era un istinto da predatore d’area. A diciassette anni, nel 1960, esordì con l’Olympique Lyonnais. Nessuno immaginava che avrebbe legato il suo nome al club per sempre.

La prima stagione fu un apprendistato, ma già l’anno dopo esplose: diciotto gol in campionato, dribbling stretti, movimenti rapidi, un modo di giocare che conquistò il pubblico del vecchio stadio di Gerland. Da allora, per oltre un decennio, Lione avrebbe avuto un principe: Le petit prince de Gerland.

Con la maglia dell’OL disputò quattordici stagioni, collezionando 489 presenze e segnando 222 reti ufficiali. Vinse tre Coppe di Francia (1964, 1967, 1973) e una Supercoppa, diventando il miglior marcatore della storia del club e uno dei più prolifici dell’intero campionato francese. Per sette stagioni consecutive, dal 1961 al 1968, andò in doppia cifra in campionato: un modello di costanza e di classe.

Nel 1968 una frattura tibia-perone, causata da un duro intervento di Carlos Monin della Red Star, ne mise in dubbio la carriera. Ma Di Nallo tornò dieci mesi dopo, e lo fece come sapeva: segnando una doppietta. Lione lo accolse come un figlio che rinasce.
La sua stagione più straordinaria resta quella del 1967-’68: ventinove gol complessivi e la consacrazione definitiva come leggenda dell’OL.

Nel 1974 lasciò Lione per una breve parentesi alla Red Star, poi chiuse la carriera al Montpellier, dove conobbe Louis Nicollin, l’uomo che avrebbe fatto grande il club negli anni successivi. Anche lì, in Division 3, continuò a segnare: 30 gol in 55 partite, prima di dire basta nel 1977.

Con la nazionale francese, curiosamente, non ebbe la fortuna che meritava: appena 10 presenze e 8 reti tra il 1962 e il 1971. Esordì con una doppietta contro l’Ungheria, ma la concorrenza e le scelte tecniche lo tennero lontano dai riflettori internazionali.

Dopo il ritiro, Di Nallo si dedicò al calcio dilettantistico come allenatore e consigliere sportivo, sempre nel suo territorio, l’Ain e la regione lionese, dove il suo nome evoca ancora rispetto e nostalgia.
Fleury Di Nallo non era potente, né un gigante dell’area. Il suo talento stava nell’intuizione, nella rapidità, nella capacità di muoversi tra le linee e di trovare sempre il varco giusto. Un calciatore d’altri tempi, elegante, concreto, capace di trasformare il gesto semplice in poesia.
A Gerland, ancora oggi, il suo nome non è solo un ricordo: è una melodia.
Mario Bocchio