
Verona-Juve 1977: una domenica di tensione, misteri e polemiche
Le sfide tra Verona e Juventus raramente sono state partite qualsiasi. Ma quella del 20 marzo 1977, al Bentegodi, resta scolpita come una delle più incredibili, dentro e fuori dal campo.
Poco più di mezz’ora prima del fischio d’inizio, un raccattapalle notò qualcosa di sospetto sulla pista d’atletica, dietro la porta rivolta alla curva sud: una bomba a mano, del tipo in dotazione all’Esercito. Non era un ordigno di grande potenza, ma la tensione salì immediatamente. Il questore dell’epoca, il dottor Pirella, decise di evitare allarmismi: verificata la presenza della sicura, ordinò di “nascondere” la bomba sotto il grande materasso usato per il salto in alto. L’ordigno sarebbe stato fatto brillare solo a partita conclusa, quando lo stadio si fosse svuotato. In effetti, al triplice fischio, gli artificieri lo fecero esplodere senza conseguenze.

Nel frattempo, però, davanti a cinquantamila spettatori, si giocò una gara che nessuno dimenticò. Il Verona di Valcareggi, con Zigoni e Petrini in attacco, affrontava la Juventus di Parola, schierata con Zoff, Scirea, Tardelli e Bettega. La partita sembrava incanalata sullo 0-0 quando, allo scadere, Zigoni scappò sulla sinistra e crossò al centro: Petrini insaccò di testa, facendo esplodere di gioia il Bentegodi. Ma l’arbitro Michelotti annullò immediatamente, sostenendo che il pallone fosse già uscito oltre la linea di fondo.


La decisione scatenò le proteste, culminate con l’espulsione di Petrini e Cuccureddu. E la polemica non si spense nemmeno nei giorni successivi: per i veronesi, la famosa “nuvoletta di gesso” sollevata dal cross dimostrava che la palla fosse ancora in campo; per l’arbitro, invece, non ci fu alcun dubbio. Zigoni, ancora oggi, è convinto che la scelta sia stata dettata dal “peso” della maglia bianconera.
Le indagini sull’ordigno, nel frattempo, portarono all’arresto di tre tifosi gialloblù, tra cui un minorenne che confessò di aver pensato di usarlo contro i pullman dei supporter juventini. Gli ultras rivendicarono poi il gesto con un volantino, definendolo “un avvertimento” non solo per la Juve, ma anche per le altre tifoserie attese al Bentegodi.
Fu una domenica che racconta bene l’Italia di quegli anni, sospesa tra calcio e tensioni sociali. Una partita mai normale, nemmeno quel giorno.
Mario Bocchio