
Dal paese di Rocchetta Tanaro al Carso: la parabola breve e luminosa di un pioniere del calcio italiano
Nella Torino di fine Ottocento, quando il football arrivato dall’Inghilterra comincia a contagiare studenti e giovani curiosi, c’è anche un ragazzo astigiano di Rocchetta Tanaro: Luigi Forlano, nato nel 1884. È tra i giovanissimi che nel 1897 danno vita alla Juventus, e presto si ritaglia un posto da centravanti grazie alla forza fisica e al carattere esuberante.

Con la maglia bianconera – che allora era rosa prima di diventare a strisce – Forlano diventa l’uomo-gol del primo scudetto juventino, conquistato nel 1905 al termine di un girone finale con Genoa e US Milanese. Segna tre reti in quel mini torneo che consegna alla Juve il titolo nazionale.


Forlano nella Juventus (a sinistra) e nel Milan
La sua storia, però, non si ferma lì. Dopo la scissione che porterà alla nascita del Torino, nel 1908 approda al Milan. Ed è con i rossoneri che scrive un’altra pagina storica: a Chiasso, nell’ottobre dello stesso anno, realizza il gol che decide il primo derby della Madonnina, vinto 2-1 contro l’Inter appena nata.

Chiusa la parentesi ad alto livello, Forlano si trasferisce per lavoro a Stresa. Qui si sposa, mette su famiglia, e diventa l’anima del calcio locale, organizzando tornei e contribuendo alla nascita del campo sportivo che ancora oggi porta il suo nome.
Il destino, però, lo richiama presto alla tragedia del tempo. Volontario nella Prima Guerra Mondiale, Forlano cade da capitano dei Bersaglieri sul Carso, nella notte del 16 luglio 1916. Aveva solo 32 anni.

Il suo ricordo resiste a Stresa, dove lo stadio cittadino è intitolato a lui. A Rocchetta Tanaro, il suo paese, rimane soprattutto la memoria militare. Eppure, dietro quei baffi ottocenteschi e quell’aria guascona, c’è stato uno dei pionieri più autentici del nostro calcio: fondatore della Juve, campione d’Italia e protagonista del primo derby di Milano.
Mario Bocchio