
La storia di Roberto Klinger, tra la “Grande Inter” e la Pallacanestro Cantù, fino a quella mattina di febbraio che gli tolse la vita
Era un martedì qualunque, il 18 febbraio 1992, ma alle 7,25 del mattino in via dei Mille, a Milano, la quotidianità si ruppe di colpo. Roberto Klinger, 57 anni, stava salendo sulla sua Fiat Panda per andare in clinica quando venne raggiunto da tre colpi di pistola. Morì così, sotto casa, un medico conosciuto e stimato, pittore per vocazione, che aveva dedicato la vita alla ricerca sul diabete e alla medicina applicata allo sport. Il suo assassinio rimase un enigma: nessun colpevole, nessuna pista certa, soltanto il buio di un’indagine mai approdata a verità.
Il giorno prima l’Italia aveva vissuto l’arresto di Mario Chiesa, l’inizio di Tangentopoli, e l’omicidio Klinger finì per restare quasi schiacciato da quell’ondata di scandali e inchieste che avrebbero cambiato la storia del Paese. Ma il suo nome non era nuovo al mondo dello sport.

Negli anni Sessanta era stato uno dei medici della Grande Inter di Helenio Herrera, insieme a Quarenghi e Cipolla. Proprio in quel contesto nacquero discussioni accese con l’allenatore argentino riguardo all’uso di integratori e nuovi metodi di preparazione, questioni che lasciarono traccia persino nei libri di memorie di alcuni protagonisti. Nonostante i contrasti, Klinger rimase sempre legato ai colori nerazzurri, tanto che anche l’avvocato Prisco lo ricordò come “un uomo di straordinaria mitezza”.

Dal 1966, però, la sua seconda casa era diventata la Pallacanestro Cantù, di cui fu responsabile sanitario per oltre venticinque anni. Sul parquet brianzolo portò un approccio innovativo: alimentazione calibrata, attenzione alla prevenzione, cura per il dettaglio. Luisito Suárez, che lo conobbe nei tempi interisti, lo definì “un pioniere nella programmazione dietetica degli atleti, oltre che una persona squisita”.

Fino all’ultimo giorno, Klinger aveva diviso il proprio tempo tra la clinica e i campi da basket. Poi quella mattina di febbraio lo strappò via, lasciando dietro di sé domande senza risposte. La sua morte resta ancora oggi una ferita aperta e inspiegata, raccontata come un mistero irrisolto nella puntata di Mostri Senza Nome – Milano.
Mario Bocchio