
Dalla Serie C alla finale di Coppa Italia: l’epopea del “Mago di campagna” che fece grande Ferrara
Negli anni in cui il calcio italiano cominciava a diventare industria e spettacolo, a Ferrara prendeva forma una favola di provincia. A scriverla fu Paolo Mazza, imprenditore con il pallone nel sangue, prima allenatore e poi presidente della Spal. Uomo di fiuto calcistico e di bilanci sempre in equilibrio, soprannominato non a caso il “Mago di campagna”, Mazza trasformò una piccola realtà in un laboratorio di talenti e in una squadra capace di tenere testa alle grandi del calcio nazionale.

La sua avventura parte nel dopoguerra, con la Spal inserita nella nuova Serie B. In pochi anni, grazie a cessioni oculate e acquisti mirati, gli estensi conquistano la storica promozione in Serie A del 1951, con un entusiasmo che trascina un’intera città. Nel decennio successivo, Ferrara diventa tappa insidiosa per tutti: a turno Juventus, Milan e Inter conoscono l’orgoglio biancazzurro, mentre tra le fila spalline crescono giocatori destinati a palcoscenici più grandi, da Picchi a Malatrasi, da Di Giacomo a Capello.

Il vertice dell’epopea arriva nella primavera del 1962. Dopo aver eliminato Verona, Vicenza e Novara, la Spal compie l’impresa: travolge 4-1 la Juventus in semifinale, con Massei, Micheli e Cervato eroi di una serata storica. La finale di Coppa Italia, giocata all’Olimpico contro il Napoli neopromosso, sembra alla portata. Ma l’illusione dura poco: dopo l’1-1 firmato da Micheli, i partenopei trovano il gol decisivo di Ronzon. La Coppa sfuma, lasciando in eredità il rimpianto più grande della gestione Mazza.

Gli anni successivi portano nuove salvezze sofferte, cessioni eccellenti e un lento declino, fino alla retrocessione del 1968. Ma la “Spal di Mazza” rimane impressa come uno dei simboli del calcio di provincia italiano: una squadra capace di trasformare sacrifici economici in sogni sportivi, di vendere i suoi gioielli ma di rigenerarsi sempre, di insegnare che anche una piccola città può scrivere pagine indimenticabili nella storia del pallone.

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Oggi lo stadio di Ferrara porta il nome di quel presidente visionario. È il segno che, anche a distanza di decenni, il pubblico spallino non ha dimenticato il periodo in cui il calcio italiano dovette imparare a fare i conti con il coraggio e l’ingegno del suo “Mago di campagna”.
Mario Bocchio