
Arthur Friedenreich, il “Tigre” che segnava più di Pelé e vestiva da dandy
In Brasile, dove ogni villaggio può fare a meno di una chiesa ma non di un campo di calcio, il mito del pallone non nasce con Pelé. Il primo a far sognare il Paese fu Arthur Friedenreich, nato a San Paolo il 18 luglio 1892 da madre brasiliana e padre tedesco.


Arthur Friedenreich nel Brasile (a sinistra) e nel São Paulo da Floresta (poi São Paulo)
Mulatto in un’epoca in cui il calcio era privilegio dei bianchi benestanti, trovò il modo di entrare nei club dell’élite: sfruttò il cognome europeo, domò i capelli crespi con la brillantina e non cambiò più quell’acconciatura. Con il Paulistano divenne il primo idolo nazionale, attaccante feroce e raffinato, occhi chiari e dribbling sinuosi. Eduardo Galeano avrebbe scritto: “Da Friedenreich in poi, il calcio brasiliano, quando è davvero brasiliano, non ha angoli retti”.

Lo chiamavano El Tigre, e la leggenda dice che abbia segnato oltre 1.300 gol, più di Pelé, senza mai fallire un rigore.
Con la Seleção vinse la Copa América nel 1919 e 1922, ma fu poi escluso: il presidente Pessoa voleva solo giocatori bianchi e carioca. Lui, paulista e dalla pelle scura, pagò il prezzo del pregiudizio.


Omaggio a “El Tigre”

Fuori dal campo, però, visse da vincente: sigari, cognac, cravatte europee, la vita di un vero dandy. Arthur Friedenreich non fu solo un campione: fu il primo simbolo del riscatto sociale attraverso il calcio in Brasile.
Mario Bocchio