Peppino Prisco, l’ironia tagliente dell’interista per eccellenza
Ago 13, 2025

Alpino decorato, principe del Foro e simbolo nerazzurro: la vita di un uomo che ha fatto dell’Inter una fede e dello sfottò un’arte nobile

Nella storia del tifo italiano, pochi personaggi sono riusciti a incarnare in modo così totale lo spirito di una squadra come ha fatto Peppino Prisco con l’Inter. Non si trattava semplicemente di un tifoso, né soltanto di un dirigente: per molti, Prisco era l’interismo stesso, elevato a forma di pensiero. Ironico, brillante, tagliente, con un talento naturale per la battuta e una profonda cultura giuridica e umana, seppe diventare una figura centrale non solo per il club ma per l’intero mondo del calcio italiano.

Il primo amore con i colori nerazzurri sbocciò prestissimo. Aveva appena sette anni quando, in una domenica del 1929, vide arrivare a casa gli zii con un vassoio di paste per celebrare la vittoria dell’Ambrosiana Inter sul Milan. Gli bastò poco per capire, nel clima di giubilo familiare, da che parte stare. E soprattutto da che parte non stare: quella dei cugini rossoneri, definiti fin da subito con una punta di bonaria superiorità “gente di seconda categoria”.

Prisco con la Grande Inter



Da quel giorno, la fede nerazzurra sarebbe diventata una costante nella sua esistenza. Anche quando, ancora giovanissimo, partì per il fronte come ufficiale degli Alpini. Durante la disastrosa campagna di Russia, si guadagnò sul campo una medaglia d’argento al valor militare. Tornato a casa, riprese gli studi e si laureò in legge nel 1944. Due anni dopo era già avvocato.

Nel dopoguerra, costruì una delle carriere forensi più brillanti di Milano. Penalista raffinato e oratore carismatico, divenne presidente dell’Ordine degli Avvocati meneghino, guadagnandosi il soprannome di Principe del Foro. Ma nemmeno in toga dimenticava la sua squadra del cuore: i colleghi raccontano che anche durante le giornate più intense, trovava sempre il modo di aggiornarsi sui risultati dell’Inter, se non addirittura di passare da Appiano Gentile.

Insieme ad Angelo Moratti e al “Mago” Herrera



Nel 1963 entrò formalmente nei quadri dirigenziali del club, come vicepresidente. Fu l’inizio di un’epopea. Con lui nella stanza dei bottoni, l’Inter visse anni di straordinari trionfi: sei campionati, due Coppe dei Campioni, due Coppe Intercontinentali, tre Coppe UEFA, due Coppe Italia e una Supercoppa. E quando serviva anche l’astuzia giuridica, Prisco non si tirava indietro: fu lui a gestire in prima persona il celebre caso della lattina lanciata durante la trasferta a Mönchengladbach, ottenendo la ripetizione della partita.

Amava visceralmente il calcio, ma era selettivo nei gusti: tra i tanti campioni ammirati nella sua lunga vita, metteva su un piedistallo due soli nomi: Giuseppe Meazza e Ronaldo il Fenomeno. Due talenti inarrivabili, secondo lui, degni della maglia nerazzurra.

Con Ernesto Pellegrini in tribuna a “San Siro”

Il suo sarcasmo è diventato leggenda, come le innumerevoli battute dirette ai rivali storici, Milan e Juventus. Una su tutte, rimasta nella memoria collettiva: “Prima di morire mi farò la tessera del Milan, così se ne va uno di loro”. Se lo abbia fatto davvero, nessuno lo sa. Ma è certo che Peppino Prisco, spentosi nel 2001 all’età di 80 anni, ha lasciato un’eredità che va ben oltre la fede sportiva. È stato testimone di un’epoca e protagonista assoluto di un modo di vivere il calcio fatto di passione autentica, dialettica feroce e intelligenza sottile. Come lui, nessuno mai.

Mario Bocchio

Condividi su: