
A Messina, il 5 giugno non è mai stato un giorno qualunque. Ma nel 2004, quel sabato bollente di inizio estate, la temperatura sembrava rincorrere l’entusiasmo di una città intera. Fu l’estate della rinascita, della risalita, della Serie A riconquistata. Un traguardo storico, raggiunto una sola volta prima, nel lontano 1963, quando la squadra di Gipo Mannocci aveva centrato la promozione nella massima serie per la prima volta.

Quasi quattro decenni dopo, lo scenario era cambiato. Nuovi protagonisti, nuove sfide, ma un punto fermo: lo stadio Giovanni Celeste. Da sempre casa del Messina, dagli anni Trenta fino ai giorni dell’ascesa, quel vecchio impianto avrebbe salutato i suoi tifosi proprio in quella sera di inizio giugno. E lo fece nel modo più dolce possibile: con una promozione, una festa, un abbraccio collettivo che unì una squadra, una città, una storia.

In pochi, a inizio stagione, avrebbero scommesso su un epilogo così glorioso. Il Messina aveva una buona rosa, certo, ma la Serie B di quell’anno pullulava di grandi nomi: Napoli, Genoa, Fiorentina, Cagliari. Colossi, ex campioni d’Italia. Eppure, tra i pali c’era Marco Storari, in difesa il solido Rezaei, baluardo della nazionale iraniana, e un giovane Salvatore Aronica che avrebbe poi brillato a Napoli. In attacco spiccava Arturo Di Napoli, scuola Inter, talento e carisma. In mezzo al campo, il cuore e i polmoni di Sasà Sullo, destinato a diventare un simbolo della città.

Ma l’inizio fu complicato. Solo 4 punti nelle prime sei giornate e un pareggio deludente in casa contro il Cagliari spinsero il presidente Pietro Franza a cambiare rotta. Fu esonerato Vincenzo Patania, e al suo posto arrivò Bortolo Mutti.
L’impronta del tecnico bergamasco fu immediata: ordine, disciplina, fiducia. Il 12 ottobre 2003 arrivò la prima vittoria, ad Avellino. Tre giorni dopo, la gioia della prima affermazione casalinga contro il Piacenza. Fu l’inizio di una lunga cavalcata, fatta di 20 vittorie complessive, di cui 19 firmate da un ispiratissimo Di Napoli.

“Re Artù”, come lo chiamavano i tifosi, era arrivato in punta di piedi dal Palermo. A Messina trovò il suo regno: gol, esultanze teatrali, carisma. Lasciò nel 2007, ma tornò nel 2009 per regalare ancora qualche lampo ai suoi tifosi.
Quando il calendario segnò il 5 giugno 2004, il Messina aveva già percorso quasi tutto il cammino. Restava solo da completare l’opera: battere il Como, fanalino di coda già retrocesso, per ottenere la matematica promozione.

Alle 20,30, il vecchio Celeste era un mosaico di giallo e rosso, gremito in ogni ordine di posto. E bastarono sedici minuti per incendiare gli spalti: cross di Lavecchia, taglio sul primo palo e rasoterra vincente di Di Napoli. Dieci minuti dopo, il bis. Esultanza con le mani sul volante: una dedica ironica al presidente Franza, che aveva promesso in caso di promozione un’auto nuova al bomber.
Nel secondo tempo, il sinistro di Alessandro Parisi – autore di ben 14 reti stagionali – chiuse i giochi sotto l’incrocio. Al fischio finale di Collina, la città poté finalmente esplodere. Il Messina tornava in Serie A dopo 39 lunghi anni.
Il 5 giugno 2004, a Messina, l’estate arrivò prima del tempo. E portava con sé il sapore dolce della storia.
Mario Bocchio