
Una carriera solida, onesta e a tratti sorprendente, quella di Alberto Orlando, classe 1938, romano di nascita e cresciuto calcisticamente proprio nella Roma. Pur essendo un centravanti naturale, spesso è stato chiamato ad agire da esterno destro, ruolo che ha ricoperto con intelligenza e spirito di sacrificio, pur di mantenere un posto da titolare in squadre di alto livello.

Con la maglia giallorossa, Orlando ha disputato ben 177 partite, firmando 43 gol e contribuendo in modo determinante a due delle conquiste più significative della storia del club capitolino: la Coppa delle Fiere del 1961 e la prima Coppa Italia romanista, vinta nel 1964.

Dopo quell’anno, ha intrapreso nuove avventure: un campionato alla Fiorentina, uno al Torino, quindi il passaggio al Napoli dove, dal 1966 al 1968, ha messo a segno 14 reti, condividendo l’attacco con fuoriclasse del calibro di Sivori e Altafini.

Ma se c’è una parola che fa brillare gli occhi di Orlando, è “Turchia”. Quel nome evoca ricordi vivissimi, sia in giallorosso che in azzurro. Proprio contro una squadra turca, l’Altay di Smirne, Orlando realizzò il suo primo gol europeo con la Roma il 26 settembre 1962, vigilia del suo ventiquattresimo compleanno, in Coppa delle Fiere.

Pochi mesi più tardi, il 2 dicembre 1962, arriva l’esordio in Nazionale, in una fredda giornata al Comunale di Bologna, sotto la guida del commissario tecnico Edmondo Fabbri. È una gara di qualificazione all’Europeo del 1964, avversaria la Turchia. Orlando parte titolare in un undici che comprendeva nomi illustri come Negri, Maldini, Rivera e Bulgarelli. Finì 6-0 per l’Italia. Di quei sei gol, ben quattro portano la sua firma: la seconda, la terza, la quarta e la sesta rete. Una prestazione da sogno, con tanto di pallone portato a casa. Sembrava l’inizio di una lunga carriera in azzurro.

Invece no: le sue presenze con la Nazionale maggiore si fermarono a cinque. Un numero sorprendentemente basso, a fronte di un debutto tanto impressionante.
Ma va detto che Orlando fu contemporaneo di una generazione di attaccanti di altissimo livello, nel pieno di un periodo storico denso di contraddizioni per il calcio italiano: dal tracollo contro la Corea del Nord nel 1966, al trionfo europeo del 1968, fino allo storico Mondiale del 1970 in Messico.

Alberto Orlando, in fondo, è stato questo: un attaccante di sostanza e talento, spesso sottovalutato, ma capace di entrare nella storia con la discrezione di chi non ha mai avuto bisogno di troppe parole per lasciare il segno.
Mario Bocchio