
Solo il caso – o forse il destino – tenne Luigi Giuliano lontano da quell’aereo che, nel maggio del 1949, si schiantò sulla collina di Superga, spezzando i sogni del Grande Torino e dell’intero calcio italiano. E fu invece solo il suo talento, unito a una leadership silenziosa, a renderlo capitano della Roma e a permettergli di firmare il primo gol della leggendaria stagione che portò alla vittoria della Coppa delle Fiere 1960-’61.

iovane promessa della Pro Vercelli, Giuliano viene scoperto da Ferruccio Novo, presidente del Torino, e dall’allenatore ungherese Ernest Egri Erbstein, scampato ai lager nazisti. Proprio Erbstein, intuendone il potenziale, lo promuove dalla Primavera alla prima squadra. L’esordio è subito un successo: segna contro il Bologna.
Quando la squadra parte per Lisbona, però, Giuliano resta a terra. Il passaporto non arriva in tempo. Con lui, restano anche Tomà, infortunato, e il secondo portiere Gandolfi, che aveva ceduto il posto sull’aereo al fratello di Ballarin. È così che Giuliano, unico giovane già inserito stabilmente in prima squadra, si salva.

Dopo la tragedia, si ritrova capitano di un Torino devastato. Gioca da mediano, ma non è solo un uomo di interdizione: possiede tecnica e carisma, guidando con l’esempio più che con le parole. In granata disputa 125 partite di campionato, fino al 1954. Ma il Torino, ormai vicino alla bancarotta, è costretto a venderlo alla Roma per 80 milioni di lire.
Con la maglia giallorossa giocherà fino al 1962, totalizzando 157 presenze tra campionato e coppe, molte delle quali da capitano. Debutta anche in Nazionale nel 1955, in un’amichevole contro l’Ungheria, sarà la sua unica apparizione in azzurro.
Al suo arrivo a Roma, il Corriere dello Sport lo definisce “il giocatore più tecnico della nuova generazione”. L’allenatore Jesse Carver, che l’aveva già avuto al Torino, sa cosa aspettarsi da lui, e Giuliano non lo delude. Viene nominato capitano già nell’ottobre 1954, in una sfida contro l’Inter, e guida la squadra anche nella memorabile amichevole a Caracas contro il Real Madrid.

Anno dopo anno, la Roma scopre in lui un punto fermo. È suo il diagonale rasoterra che apre le marcature nel 4-1 rifilato all’Union Saint-Gilloise, dopo lo 0-0 dell’andata in Belgio: un gol che segna l’inizio del trionfale cammino nella Coppa delle Fiere.
Negli ultimi anni di carriera, tormentato da problemi fisici, gioca meno ma resta una presenza fondamentale nello spogliatoio. Il 3 dicembre 1961, all’intervallo della partita contro la Spal, con la Roma sotto di un gol, il presidente Anacleto Gianni scende negli spogliatoi per motivare i giocatori. Giuliano lo guarda e scommette: “Presidente, vinceremo con tre gol di scarto”. Finirà 4-1.

Prima dell’addio al calcio, trova anche il tempo per incrociare Pelé, in un’amichevole contro il Santos per il torneo del centenario.
Con la sua eleganza in campo e la sua forza tranquilla, Luigi Giuliano ha incarnato lo spirito di due squadre leggendarie. Un simbolo silenzioso ma indimenticabile del calcio italiano.
Mario Bocchio