Il Chinezul Timișoara: la leggenda scomparsa del calcio d’Oriente
Giu 25, 2025

Nel cuore pulsante del Banato, là dove il fiume Bega scorre placido come una melodia dimenticata, c’è una leggenda che vive tra i mattoni sgretolati degli stadi, nei racconti degli anziani e nell’orgoglio mai sopito di una città intera. Il nome? Chinezul Timișoara. Un nome che oggi a molti dice poco, ma che tra gli anni ’20 e ’30 ruggiva come un leone nell’arena calcistica dell’Europa centrale. Sette campionati vinti, sei dei quali consecutivi tra il 1921 e il 1927: un record che ancora oggi danza come un fantasma nei libri di storia del calcio romeno, agguantato anni e anni dopo, esattamente 71, dalla Steaua.

Chinezul Timișoara nel 1914



Il club fu fondato nel 1910 grazie all’input dell’Associazione dei ferrovieri di Timișoara. e deve il suo nome a Pál Kinizsi, un generale dell’armata di Mattia Corvino e comes di Timișoara. Il simbolo del club constava di un braccio reggente una macina, secondo un antico racconto popolare ungherese che raccontava che Pál Kinizsi era un forte mugnaio.

Dopo aver vinto il primo titolo nel 1922


Il nome era solo l’inizio: ciò che venne dopo fu una sinfonia di vittorie, un’epopea epica narrata sui campi di gioco fangosi e negli stadi gremiti di cappelli, sigari e canti patriottici.


C’erano nomi che facevano tremare le ginocchia agli avversari: dal tecnico Frontz Döme a Rudolf Wetzer, il “Mozart del gol”, che danzava tra le difese come un violinista ubriaco di gloria. Allora, Timișoara non era solo una città, ma una capitale morale del calcio danubiano. La squadra giocava con intelligenza mitteleuropea e ardore balcanico, mescolando il rigore austro-ungarico alla fantasia latina. Ma come non ricordare anche Vilmos Zombori, Balázs Hoksary, Eugen Lakatos, Ladislau Raffinski, Emerich Vogl, Augustin Semler, Mihai Tänzer (in ungherese Mihály Táncos) e Pál Teleki.

La formazione juniores nel 1927


I cronisti dell’epoca parlavano di “gioco poetico”, di “orchestra calcistica”, e non era solo retorica: il Chinezul vinceva, incantava, e faceva scuola. Ogni vittoria era un atto teatrale, ogni gol un colpo di penna su una pagina d’oro.

Giocatori che hanno giocato per il Chinezul negli anni dal 1932 al 1936


Ma come ogni leggenda, anche il Chinezul conobbe il tradimento del tempo. Gli anni ’30 portarono crisi finanziarie, guerre politiche e l’ineluttabile mutamento del calcio stesso. Nuove squadre, nuovi poteri, nuove regole. Il professionismo bussava alle porte, e il vecchio gigante non fu pronto ad aprirgli. La squadra si spense lentamente, come una candela al vento.

Nel 1946, fu inglobata in un’altra realtà sportiva. Il nome “Chinezul” scomparve dai tabelloni, ma non dal cuore della città. I tifosi più anziani continuavano a raccontare delle domeniche in cui il sole splendeva solo quando il Chinezul vinceva. Le loro lacrime avevano il suono delle vecchie glorie: pesanti, silenziose, nobili.

Rudy Wetzer, il capitano

Oggi, nelle taverne del quartiere Iosefin, c’è chi ancora solleva il bicchiere e brinda “alla grande Chinezul!”. I ragazzi non sanno più chi fosse Wetzer, ma gli anziani li correggono: “È stato lui a mostrarci cosa fosse il calcio. Lui e quei campioni in maglia bianca e blu”.

Lo stadio ora è in rovina, ma qualcuno giura di sentirne ancora i cori la sera, quando il vento si insinua tra le gradinate abbandonate. Il Chinezul è diventato leggenda proprio perché è scomparso troppo presto, come i grandi poeti, come le storie che si raccontano solo sussurrando.

Emerich Vogl e Angelo Niculescu nel 1970 al Mundial messicano


Il Chinezul Timișoara non è solo una pagina di storia sportiva: è una ballata dimenticata, un’eco romantica di un calcio che non esiste più. Ma ogni leggenda, si sa, ha una scintilla di immortalità. E finché ci sarà qualcuno a raccontarla, finché un ragazzo guarderà una vecchia foto e chiederà “Chi erano questi?”, allora il Chinezul continuerà a vincere.



E chissà… magari un giorno tornerà. Perché nel calcio, come nella vita, certe magie non muoiono mai: si addormentano, in attesa del prossimo risveglio.

Mario Bocchio

Condividi su: