Il Perugia dei miracoli: l’anno del record impossibile
Mag 28, 2025

C’era una volta, e per fortuna c’è ancora, una città adagiata sulle colline umbre, dove le pietre medievali conservano memorie silenziose e lo stadio Renato Curi a Pian di Massiano, echeggia nomi che sembrano leggende. Ma nell’anno di grazia 1978-’79, quelle leggende presero forma sotto la maglia biancorossa: fu l’anno del Perugia imbattuto, l’anno del record che nessuno riuscì mai a replicare allo stesso modo.

Nello Malizia anticipa in uscita il bianconero Virdis durante Juventus-Perugia 1-2 del 22 ottobre 1978, la prima vittoria assoluta dei Grifoni in casa dei piemontesi; il successo sui campioni uscenti legittimò le ambizioni d’alta classifica della provinciale biancorossa

Era una squadra senza stelle da copertina, ma con un’anima. Il Perugia di Ilario Castagner giocava come si cammina in punta di piedi tra i sogni: con rispetto, precisione, e una certa follia poetica. Non perse mai. Trenta partite, zero sconfitte. Eppure non vinse lo scudetto.

Norcia, estate 1978. Una formazione del Perugia nel precampionato della stagione 1978-’79. Da sinistra, in piedi: Marcello Grassi, Franco Vannini, Mauro Della Martira, Walter Speggiorin, Gianfranco Casarsa, Pierluigi Frosio (capitano); accosciati: Antonio Ceccarini, Salvatore Bagni, Paolo Dal Fiume, Cesare Butti, Michele Nappi. Noto con l’appellativo di “Perugia dei miracoli”, la squadra raggiunse in quest’annata il suo migliore risultato nella massima serie italiana a girone unico, conseguendo allo stesso tempo uno storico record d’imbattibilità – un intero torneo senza sconfitte -, mai stabilito prima da alcuna formazione in Serie A e in seguito eguagliato solo dal Milan del 1991-’92 e dalla Juventus del 2011-’12

Sembra quasi uno scherzo del destino, ma è pura verità: i Grifoni volarono alti, ma il Milan volò appena più in alto. Il Perugia finì secondo con 41 punti (ai tempi la vittoria valeva due punti), e il tricolore rimase un miraggio a pochi passi dal traguardo. Ma ciò che questa squadra lasciò non fu un vuoto, bensì un’impronta indelebile.

La giovane ala dei Grifoni, Salvatore Bagni, tra le maggiori rivelazioni del campionato

Ilario Castagner non era un semplice allenatore, ma un architetto di emozioni tattiche. Il suo Perugia pressava alto, correva come pochi, giocava a memoria. Senza individualismi, senza primedonne. Era il calcio collettivo prima che diventasse moda. Era il “noi” prima dell’“io”.

Tra i protagonisti, spiccava il portiere Paolo Malizia, la diga difensiva di Walter Speggiorin, e l’energia inesauribile di Salvatore Bagni. C’era poi quel centravanti gentiluomo, Walter Novellino, che più che segnare, faceva segnare. Era una sinfonia d’equilibrio: ogni nota al posto giusto, ogni giocatore con un compito preciso. Niente fronzoli, solo poesia in tuta.

Walter Speggiorin, miglior marcatore stagionale della squadra con 11 reti

Fu un amore corale. Le domeniche diventavano sacre processioni verso il Curi. I bambini sognavano con le sciarpe al collo, gli anziani annuivano come se sapessero che quel momento non sarebbe tornato. E avevano ragione.

La squadra non vinceva, ma non perdeva mai. E in quella imbattibilità si specchiava l’orgoglio di un’intera comunità. I bar diventavano redazioni sportive, le famiglie pranzavano in fretta per ascoltare “Tutto il calcio minuto per minuto”.

Antonio Ceccarini realizzò allo scadere il gol del pareggio in Perugia-Inter 2-2 del 4 febbraio 1979, che permise ai biancorossi di rimanere imbattuti

Quando il campionato finì e il Perugia rimase secondo, nessuno si sentì sconfitto. Perché i record non si toccano con le mani, si custodiscono nel cuore. E l’essere rimasti imbattuti – primo e unico nella storia della Serie A a girone unico a 16 squadre – fece entrare il Grifo in un’Olimpo tutto suo.

Oggi, a distanza di decenni, il Perugia del record è diventato un racconto da tramandare. I nonni lo raccontano ai nipoti come si racconta una favola. Ma non è solo nostalgia: è un monito, un esempio di come il calcio possa essere arte, coraggio, e dedizione senza clamori.

Perché il Perugia del ’79 ci ha insegnato una cosa: si può essere immortali anche senza una coppa. A volte, basta non perdere mai.

Chi entra oggi al Curi respira ancora quell’epoca. Lo spirito di Castagner aleggia silenzioso, e ogni tanto, nei pomeriggi d’autunno, sembra quasi di rivedere quel Perugia correre ancora. Non è un’illusione: è la memoria che gioca il suo campionato più bello.

Mario Bocchio

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