Il dramma sportivo dell’altra metà di Genova
Mag 15, 2025

Genova non è mai stata una città qualunque nel panorama calcistico italiano. Un luogo dove il calcio è identità, appartenenza, rivalità. Ma oggi, tra i vicoli che salgono dal porto e lo sguardo malinconico rivolto verso Marassi, si respira l’amarezza di una caduta storica: per la prima volta nella sua storia, la Sampdoria retrocede in Serie C. Un epilogo impensabile fino a pochi anni fa, e ancor più doloroso se si guarda indietro, a quando la società blucerchiata rappresentava un modello virtuoso nel calcio italiano.

C’era una volta la Sampdoria di Paolo Mantovani. Anni ’80 e primi ’90: una squadra che univa classe, cuore e progettualità. Con Vialli e Mancini in attacco, con Boškov in panchina, con lo scudetto cucito sul petto nel 1991. Era una squadra che sfiorava la gloria europea, finalista di Coppa dei Campioni a Wembley contro il Barcellona. Un modello gestionale che puntava sul senso di appartenenza e sulla crescita dei talenti. In quel tempo, il “Doria” era un club rispettato, ambizioso, ammirato.

Da sinistra: Pagliuca, Vialli, Boškov e Mancini. Hanno scritto la pagina più bella della storia blucerchiata

Dopo la morte di Mantovani e il passaggio di testimone al figlio Enrico, la Sampdoria inizia lentamente a perdere smalto. Le retrocessioni del 1999 e del 2011 sono campanelli d’allarme, ma anche occasioni di rinascita. Tuttavia, la stabilità sembra sempre più effimera. L’arrivo di Massimo Ferrero nel 2014, inizialmente accolto con curiosità, si rivelerà con il tempo un’illusione pericolosa. Dietro la maschera istrionica, si nasconde una gestione caotica, con problemi giudiziari e una società sempre più sfilacciata.

Gli ultimi anni sono un susseguirsi di drammi tecnici, amministrativi e societari. Dalla retrocessione in Serie B nel 2023 al mancato rilancio nella stagione seguente, con una squadra smarrita e una tifoseria stanca ma fedele, il passo verso l’abisso si compie nel 2025: la Sampdoria pareggia a Castellamare di Stabia e dice di fatto addio alla Serie B, non riuscendo ad approdare ai playout. È la prima volta che il club affonda nel terzo livello del calcio italiano. Non una semplice retrocessione, ma una frattura storica.

Mentre il Genoa ha vissuto negli ultimi anni una lenta ma costante risalita, la Sampdoria ha imboccato una spirale opposta. La città si ritrova divisa da due destini opposti, e chi indossa il blucerchiato sente il peso non solo della sconfitta sportiva, ma del tradimento di un’identità. I tifosi, veri ultimi custodi della dignità del club, si interrogano sul futuro. La Serie C, che una volta sembrava impossibile anche solo da nominare, diventa oggi l’unico scenario da cui ripartire.

Il “muro” del tifo doriano

Eppure, la storia del calcio italiano è piena di resurrezioni. Per quanto dura sia la caduta, la Sampdoria ha ancora un nome, una tifoseria, uno stadio, e una tradizione che non possono essere cancellati da una stagione fallimentare. Serviranno dirigenti seri, progetti concreti, e un ritorno ai valori che resero grande quel club.

La speranza è che proprio da questo momento più buio possa nascere la voglia di ricominciare. Perché Genova ha bisogno della sua Sampdoria. E il calcio italiano ha bisogno di storie come quella blucerchiata. Anche quando sembrano finite.

Mario Bocchio

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