25 Aprile 1945, prima e dopo
Apr 24, 2025

Il 25 aprile 1945 capita di mercoledì. Gli italiani sono presi da mille pensieri, ma il calcio non si ferma. Al Nord non si gioca il campionato, ma alcuni tornei di beneficenza.

L’Italia è divisa in due. L’anno prima c’era stato il Campionato Alta Italia, il Campionato romano di guerra e il Campionato dell’Italia libera, nel Sud dove erano sbarcati gli americani. Adesso sbocciano tornei in Campania, Abruzzo e anche in Sicilia.

Molti giocatori sono chiamati in guerra ma, come spesso succede, si trova anche la via d’uscita. Le società si associano a corpi militari o aziende belliche, così da esentare i propri tesserati. Ecco nascere il Torino Fiat e la Juventus Cisitalia, dal nome di una fabbrica di automobili fondata da Piero Dusio, che era stato calciatore bianconero dal 1919 al ’22. C’è anche il Novara IGDA, ovvero Istituto Geografico De Agostini. L’Inter si chiama ancora Ambrosiana (a Mussolini non piaceva il nome Internazionale).

La formazione del Torino FIAT, nato dal connubio tra la società granata e l’azienda della famiglia Agnelli

A La Spezia viene deportato in Germania il presidente Coriolano Perioli. Che cosa fare? Tutti i calciatori diventano pompieri e continuano a giocare nel Gruppo Sportivo Vigili del Fuoco. Lo stadio Alberto Picco è inagibile perché bombardato e la squadra gioca le partite casalinghe a Carpi. Però viaggiano con un camion di scorta, carico di olio e sale, pronti al baratto con i contadini incontrati durante il viaggio. E’ dura, davvero dura. Molti calciatori, che si spostano e non vengono controllati, arrotondano con la borsa nera.

Novara, stadio del Littorio, 30 gennaio 1944. La formazione della Juventus Cisitalia scesa in campo nella vittoria esterna contro il Novara (1-2) valevole per la terza giornata delle eliminatorie liguro-piemontesi del campionato di Divisione Nazionale 1944 nella Repubblica Sociale Italiana. Da sinistra, in piedi: G. Peruchetti, P. Rava, L. Brunella, G. Varglien (II), F. Borel (II), A. Spadavecchia, R. Lushta; accosciati: O. Capaccioli, V. Sentimenti (III), C. Parola, T. Depetrini

I ponti sono crollati, le linee ferroviarie bombardate, il Torino ci mette una settimana (fra andata e ritorno) per giocare una partita con la Triestina. Il Bologna deve raggiungere Modena quasi a piedi (e infatti perde 5-0, per colpa della stanchezza, dicono). Le squadra toscane vanno in trasferta solo in bicicletta. A Milano in campo neutro si gioca Venezia-La Spezia, ma i giocatori liguri arrivano completamente bagnati a bordo di un furgone scoperto. E gli stadi? Semideserti, per il rischio bombardamenti e le retate dei nazisti. E se suona l’allarme bisogna restare lì, non si può scappare (solo i giocatori si ritirano negli spogliatoi).

In tutti c’è, però, una gran voglia di ripartire. Se l’ultimo gol “regolare” era stato segnato, nel campionato 1942-’43 da Valentino Mazzola al Bari, alla ripresa (1945-’46) è ancora il Torino a imporsi.

“Abbiamo perso una generazione di calciatori”, scrivono i giornali dell’epoca. La guerra era durata cinque anni. Dai che si ricomincia!

Condividi su: