Bochini-Bertoni: calcio divertente
Mar 6, 2025

Una nota del 1974 celebrava la brillante apparizione all’Independiente di due giovani che, oltre ad abbattere muri in campo, vivevano sotto lo stesso tetto

Uno è nato a Punta Alta, lì a Bahía Blanca, e l’altro negli andurriales di Zárate; due aree di Buenos Aires attraversate dai venti del mare e del fiume, pacifiche periferie di umili lavoratori i cui figli fuggono e crescono nei vasti prati locali. Diciassette anni dopo, senza conoscersi, alzano le bandiere dell’improvvisazione calcistica in un provino storico sul campo del Ríver Plate, come candidati per una squadra giovanile. E in quel preludio a recital più completi, ancora senza auditorium di risonanza, condividono il linguaggio del muro, del tocco, delle croci, delle punte e degli inganni con una palla in movimento.

Gli aneddoti si accumulano in poco tempo: la partecipazione a un torneo internazionale a Cannes, un trasferimento, la comproprietà, i titoli argentini, la Copa Libertadores de América, l’Intercontinental, l’Interamericana, la Nazionale maggiore.

Bochini (a sinistra) e Bertoni nell’Independiente

Anno 1974. Ricardo Enrique Bochini e Ricardo Daniel Bertoni sono amici da due anni e da allora le loro vite corrono parallele. Arrivano insieme all’allenamento; sono destinatari delle simpatie di purretes e anziani; baciano gli stessi trofei che contribuiscono a vincere, come germogli rinnovati di un vecchio tronco dalla linfa inalterabile. Le maglie rosse dell’Independiente e quelle biancoblu della Nazionale sono indossate con la stessa frequenza; in campo, uno può passare dal centro e l’altro dai lati, ma ognuno dei due unisce le proprie complicità segrete per unire tecnicismi e avidità. Si uniscono in mille e mille gesta. Un giorno glorioso trasportano il loro genio a Roma e lasciano lungo il cammino diversi italiani della Juventus, infrangono un record di invulnerabilità che ha reso orgoglioso il portiere Zoff e regalano all’Independiente il titolo virtuale di campione del mondo per club. Sono due grandi assenti nel Mondiale del 1974, rappresentano con autenticità l’arte del calcio, l’audacia, la gioia di giocare. Dopo tutto questo, dopo ogni partita, ritornano nella casa comune, a casa della famiglia Bertoni, che accoglie Bochini come un altro figlio.

Entrambi con la Coppa Intercontinentale vinta con l’Independiente nel 1973
Un giovane Ricardo Bochini

L’infanzia di Bochini, “Richard” per la sua famiglia, si svolge a Villa Angus, nella zona geografica di Zárate, in mezzo alle industrie e al vicino sibilo dei clacson dei motoscafi. È un ragazzo timido, che gioca “a testa” di letto in con i suoi fratellini, che hanno quasi lo stesso talento naturale nel giocare con la palla nel campo non recintato del quartiere. Il padre, impiegato comunale, è un uomo integro, esemplare, che infonde decenza e umiltà come principio guida nella vita dei suoi figli.

Ricardo gioca a baby calcetto, vince tornei ed è il numero 9 del Belgrano, squadra della Lega Zarateña; si iscrisse lì quando aveva 13 anni, per la sesta divisione, ma l’anno successivo giocò in prima divisione. Un giorno suo padre lo porta nel club dei suoi amori, il San Lorenzo, dove Diego García mette alla prova ragazzi di 16 anni; ma giocavano i quattordicenni e lui ne aveva 15. In un’altra occasione fu respinto a dal Boca Júniors, dall’esaminatore Campos. “Ho giocato 10 minuti come non credo avrei mai potuto fare, così bene, ma mi hanno chiesto di tornare un altro giorno e fare meglio. Non mi sentivo incoraggiato, non potevo giocare meglio e non sono tornato“. Il direttore tecnico del Belgrano, Henricot, lo raccomandò all’Independiente e la notizia gli fu comunicata un giorno da Miguel Ángel Giachello, all’epoca attaccante nei Rossi di Avellaneda.

Nel 1971 l’Independiente lo incorporò definitivamente (era in prestito) per 400mila pesos in moneta nazionale. Gioca nella Settima e in altre divisioni, iniziando a costruire grandi cose con il suo compagno di squadra Ruiz Moreno. L’anno è il 1972. Bochini è in Quinta divisione. Diversi titolari (Santoro, Semenewicz, Raimondo e Pastoriza) lasciano momentaneamente la squadra per unirsi alla Nazionale inmpegnata in un torneo in Brasile e il direttore tecnico della Prima, Pedro Dellacha, si rivolge ai migliori giocatori delle giovanili. Così l’Independiente si schiera  con Gay; Commisso, Sa, Garisto e Pavoni; Palomba, Moreyra e Saggioratto; Balbuena, Magán e Rubén González. Al settantaquattresimo minuto esce Saggioratto ed entra un ragazzino che sembra una bambola, con i capelli biondi e ondulati e una tranquillità sorprendente. Gioca molto bene. Il giorno prima aveva segnato due gol in Quinta divisione. Ha 18 anni.

Daniel Bertoni

La famiglia Bertoni ha due gemelli nati in un policlinico di Bahia: Ricardo Daniel, futuro eroe del calcio, e Carlos Jorge. Vivono fino al primo anno a Punta Alta per poi trasferirsi a Quilmes, in un paesaggio di fattorie con case costruite lentamente. Don José Bertoni è un tifoso di Micheli, Cecconato, Lacasia, Grillo e Cruz. Ricardo Daniel cresce in quell’atmosfera “rossa” e rivolge i suoi sogni verso quel motto. “Mio padre mi portò a corte dall’età di sei anni”, ricorda, “e ammiravo Bernao e poi Balbuena”. Un osservatore esperto, Aníbal Díaz (scopritore di Angelillo e Maschio) lo registrò all’età di dodici anni a Quilmes. È campione nell’Ottava e nella Sesta divisione. Dapprima sostituisce l’ala Carrizo nella partita in cui il Témperley batte il Quilmes 3-1, scendendo in campo con questa formazione: San Miguel; Sarmiento, Manna, Martínez e Gatto; Espada, Mona e Villa; Reynoso, Espinoza e Carrizo. Ithurrieta lo conferma titolare dalla decima partita in poi, al posto di Reynoso.

A fine anno passa all’Independiente per 35 milioni di pesos in moneta nazionale (19 in contanti e il trasferimento di Olivera, Giménez, Humberto e Juan Bravo). L’ottima prestazione di Agustín Balbuena lo costringe a diventare un puntatore sinistro. Il suo debutto in prima squadra avvenne all’undicesima giorata del 1973, in questa formazione: Gay; Arispe, Giuliano, Garisto e Cuiña; Monterò Castillo, Raimondo e Palomba; Bertoni, Bochini e Rubén González.

Un giorno la squadra giovanile gioca con il Quilmes. Roberto Ithurrieta (allenatore del Quilmes) aveva già messo in guardia Rubén Bravo (allenatore delle giovanili) delle qualità di Bertoni, che le ha confermate in partita e ha segnato un gol. Viene incorporato insieme a Bochini, l’uomo esperto di cui tutti parlavano fin dal suo arrivo da Zárate. Il primo incontro tra i due viene così rivissuto da entrambi. Bertoni racconta: “Era un pomeriggio a Ríver. Siamo entrati per abbattere i muri e ci siamo pienamente identificati. Ci hanno messo nella stessa stanza. Poi le chiacchierate, Cannes, l’Independiente e tutto il resto, hanno rafforzato l’amicizia”. Bochini ricorda: “Nella prima azione abbiamo fatto muro a metà campo e ho concluso con un gol. Ci siamo capiti subito”. Il calcio argentino incominciò a conoscere il BB: il velocissimo che arrivava in fondo con tutta facilità fu Bertoni, il piccolo centravanti, dotato di grande intelligenza e un dribbling affascinante, era Bochini. I due entrano nel vortice dei viaggi e della gloria con la Copa Libertadores e l’Intercontinentale. Sono partiti nel 1974.

“Viveva in una pensione ad Avellaneda ed era solo. Cominciò a venire a casa mia e rimase a vivere con la mia famiglia a Quilmes”, dice Bertoni del suo amico. È il più loquace e giocoso dei due; Bochini è estremamente semplice, parla a grande velocità. Quando i suoi obblighi glielo permettono, torna a Villa Angus e Zárate. Ritorna a casa per ritrovare quel microclima tipico dei Bochini e godervi una grigliata sulla corte antistante. Le vite di Bochini e Bertoni corrono parallele, per illuminare l’Independiente e il calcio argentino del loro tempo.

Mario Bocchio

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