“Ciccio” Della Monica, il Maradona della costiera amalfitana
Feb 21, 2025

Fisico brevilineo, capelli ricci e un sinistro magico, Francesco Della Monica, detto “Ciccio”, è stato un calciatore a dir poco eccezionale che, senza dubbio, nella sua carriera ha raccolto molto meno rispetto alle enormi potenzialità. Nativo di Vietri sul Mare, cresce nelle giovanili della Juventus che, nel 1977, lo gira in prestito per due anni allo Juniorcasale.

Nelle giovanili della Juventus

Nel 1979, poi, passa a titolo definitivo all’Avellino, che lo cede subito alla Cavese, in Serie C1. L’anno successivo, passa per un anno allo Spezia e, in seguito, per due stagioni al Forlì, sempre in terza serie.

Il talentuoso Della Monica nella Cremonese (foto Ivano Frittoli)

Nel 1983 si trasferisce alla Cremonese, dove contribuisce alla promozione in massima serie dei lombardi. All’inizio della stagione seguente disputa quattro partite in Serie A con i grigiorossi, prima di trasferirsi all’Empoli nell’ottobre 1984. Con i toscani, dopo due annate in Serie B, conquista nuovamente, la promozione in A al termine del campionato 1985-’86.

Era il 25 febbraio 1986 e l’Empoli affrontava il Milan nel ritorno degli ottavi di Coppa Italia. I rossoneri stavano conducendo per 1-0, quando al 9′ del secondo tempo si stagliò, nel cielo di San Siro, la stella di Francesco Della Monica. Il fantasista azzurro si rende protagonista di un coast to coast incredibile. Servito dal portiere Drago si beve tutta la retroguardia rossonera – seminando nell’ordine Wilkins, Baresi, Galli e Maldini – e trafigge l’incolpevole Nuciari in uscita. Grazie a quella prodezza l’Empoli esce indenne dalla trasferta milanese e si qualifica, prima volta nella sua storia, per i quarti di finale di Coppa Italia (cit. Simone Galli, Pianetaempoli.it)

Della Monica, finalmente, disputa due tornei in massima serie con la maglia azzurra. Nel primo segna un gol (contro la Roma) in 26 incontri, mentre l’anno successivo scende in campo in dodici occasioni. Nel 1988 passa al Brescia in serie cadetta, prima di trasferirsi al Messina nell’89 che, a sua volta, lo cede immediatamente alla Salernitana. Indimenticabile mezzala dell’undici granata guidato da Ansaloni, e con Agostino Di Bartolomei in campo, conquista la Serie B nel ’90. Una promozione che, a Salerno, mancava da ben 24 anni. Successivamente, chiude la carriera in C2, prima al Francavilla e, infine, alla Turris.

Della Monica nell’Empoli

Intervistato da Salernosport24, Della Monica ha ricordato i momenti più significativi della sua esperienza in maglia granata.

Lei fu uno dei protagonisti della promozione in B del 1990 .Che ricordo ha di quella stagione?

“Vincere a Salerno, nella mia città, mi ha regalato delle emozioni indescrivibili. Nella mia carriera avevo già vinto ad Empoli e Cremona, ma le gioie non possono essere in alcun modo paragonabili. Tra l’altro, conquistammo una categoria che mancava da 24 anni, e quindi la soddisfazione fu ancora maggiore. Eravamo un gruppo molto affiatato e compatto”.

Il gol alla Roma

Qual è, invece, il ricordo di Agostino Di Bartolomei? Può ricordarci un aneddoto particolare legato alla sua figura?

“Agostino non era molto loquace, ma era un uomo, prima che calciatore, di una professionalità inaudita. Era il primo ad arrivare agli allenamenti e l’ultimo ad andare via, nonostante i tanti anni di calcio e la stanchezza che sicuramente si portava dietro. Era uno di quelli che teneva in piedi un gruppo da solo. Un classico uomo spogliatoio come non se ne vedono più in giro. A 30 anni suonati, mi ha insegnato cosa voleva dire essere un calciatore. La cosa di Agostino che mi ha sempre impressionato era la sua saggezza. Un uomo di poche parole, ma che erano delle vere e proprie sentenze. Non parlava quasi mai, ma quando lo faceva, risolveva ogni dubbio. Sono sempre stato molto affezionato a lui. Approfitto di questa occasione per mandargli un bacio lassù…”.

Con la maglia della Salernitana

Peppino Soglia e Claudio Lotito, due personalità completamente agli antipodi. Il primo è ancora oggi ricordato con affetto dalla tifoseria granata, mentre il secondo, attualmente, è inviso a buona parte dei supporter cosiddetti “caldi”. Quali sono, secondo lei, le differenze sostanziali tra i due?

“Soglia era, innanzitutto, uno stratifoso della Salernitana prima che un presidente. Un uomo passionale, che non perdeva mai occasione per spronarci costantemente. Era sempre con noi e, tra l’altro, ci elargiva spesso dei premi per spingerci a dare sempre quel qualcosa in più che, alla fine, ha fatto la differenza. Lo sentivamo molto vicino. Lotito è un grande imprenditore e uomo di calcio, ma certamente ha un carattere completamente diverso da Soglia, su questo non c’è dubbio. Un uomo che, probabilmente, preferisce far valere il suo lato imprenditoriale piuttosto che quello umano”.

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