Nell’estate del 1982 in Italia sono tutti euforici per la vittoria nel Mundial spagnolo. Il figlio del vulcanico presidente del Pisa Romeo Anconetani, Adolfo, va in Uruguay in cerca di rinforzi per la compagine nerazzurra, appena promossa in Serie A con Aldo Agroppi in panchina. Ma il tecnico di Piombino fa le valigie e si trasferisce alla guida del Perugia e all’ombra della torre pendente arriva l’esperto Luís Vinício. Anconetani rafforza la squadra con l’acquisto dell’attacante danese Klaus Berggreen e di Guido Ugolotti
Jorge Washington Caraballo è un mediocre centrocampista che gioca nel Danubio, Adolfo Anconetani crede di aver realizzato il colpo e fa sganciare al padre l’assegno di 270 milioni. I dirigenti del club uruguaiano non credono ai loro occhi, mai avrebbero pensato di piazzare uno come Caraballo nel massimo torneo dell’Italia campione del mondo.
Jorge Caraballo in Uruguay nel Danubio
Ma ben presto i proclami in pompa magna durante la presentazione del giocatore si scontrano con il cosiddetto occhio lungo di Vinício, che intuisce subito lo scarso valore del neoacquisto, che oltretutto si impegna poco negli allenamenti.
Il tecnico brasiliano lo utilizza pochissimo, solo esigui scampoli. Alla fine si conteranno solo sette apparizioni, peraltro giudicate “oscene” dallo stesso presidente Anconetani.
Dalla stampa dell’epoca: l’annuncio dell’arrivo di Caraballo al Pisa
Oltre ad aver percepito la scarsa considerazione di presidente e allenatore, che è la vera motivazione della rottura di Caraballo con il Pisa, ci sono due precisi episodi.
Il primo risale all’inverno del 1982 quando, al termine di una nevicata, i compagni, giocando a palle di neve, lo colpiscono. Lui va su tutte le furie, ne nasce quasi una rissa.
L’anonima e fallimentare parentesi pisana di Caraballo. Di lui ci sono veramente poche immagini in maglia nerazzurra
Il Pisa gioca poi la gara interna degli ottavi di finale della Coppa Italia contro il Bologna. Sullo 0-0 viene accordato un rigore ai nerazzurri e Caraballo si avventa sul pallone, vuole calciare il penalty a tutti i costi. Inizialmente Vinício è scettico, ma poi si lascia convincere dalla determinazione dell’uruguaiano, è fiducioso che segnando possa finalmente sbloccarsi e produrre poi qualcosa di buono. Invece che cosa succede? Caraballo tira una “puntonata” che non centra nemmeno la porta per stamparsi direttamente sui gradoni della curva. Compagni e tifosi sono infuriati.
Caraballo non si presenterà più agli allenamenti, decide di andarsene via, consapevole di essere sempre stato un corpo estraneo.
Sette apparizioni e zero gol, Anconetani ci mette la faccia e chiede scusa ai tifosi per averlo acquistato.
Dal canto suo Caraballo prosegue la carriera senza mai emergere, in Ecuador, Brasile e Cile. Terminato di giocare ha intrapreso la professione del taxista, la stessa di chi aveva incuriosito Adolfo Anconetani durante il suo viaggio, facendo cenno ad un talento emergente nel Danubio.
Si sa, da sempre i toscani sono maestri di quell’ironia capace di generare sfottò molto originali. In questo preciso caso, rigorosamente in vernacolo pisano: “Caraballo, gio’a bene nell’intervallo”, “A Carabal donato si guarda n bocca” e il più noto “Caraballo, meglio perdilo ‘(h)e trovallo”.
Mario Bocchio
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Romeo Anconetani è raggiante: “È il Caravaggio del pallone” LEGGI LA PRIMA PUNTATA