Due giorni dopo la gioia per il trionfo in Supercoppa, il Milan si è trovato a dire addio a uno dei suoi giocatori più iconici, il portiere Fabio Cudicini, che si è spento all’età di 89 anni.
Soprannominato il “Ragno Nero”, con il club rossonero, che lo aveva prelevato dal Brescia, ha vinto praticamente tutto dal 1967 al 1972, anno in cui chiuse la carriera: Coppa dei Campioni, Intercontinentale, scudetto, Coppa delle Coppe, Coppa Italia.
Una bacheca a cui si aggiungono un’altra Coppa Italia e una Coppa delle Fiere conquistate con la Roma dove aveva giocato, dopo gli esordi nell’Udinese, per ben otto stagioni, dal 1958 al 1966, guadagnandosi invece nella Capitale il soprannome di “Pennellone” per via della sua altezza.
Il passato milanista di Cudicini
Nato a Trieste il 20 ottobre 1935, Cudicini era cresciuto nelle giovanili dell’Udinese per poi passare alla Roma e infine al Milano dove lo volle fortemente Nereo Rocco malgrado lo scetticismo di chi lo riteneva ormai in parabola discendente, e invece il “Ragno Nero” (“Black Spider”, come venne ribattezzato dalla stampa britannica dopo due grandi prestazioni a Glasgow e Manchester) fu decisivo per tutte le vittorie rossonere di quel fortunato periodo.
Paragonato al mitico Lev Jašin, anche per il completo nero, era dotato di fisico slanciato, essenziale negli interventi ma poco spettacolare, Cudicini è entrato nella storia del Milan anche come para rigori. Detiene un record di imbattibilità a San Siro di 1132 minuti che resiste ancora oggi. Nonostante i successi col suo club, il portiere non giocò mai in nazionale, dove erano quasi inamovibili allora Ricky Albertosi e Dino Zoff. Venne solo chiamato a fare da riserva al secondo durante le qualificazioni ai Mondiali del 1970. Quella dei Cudicini è stata una piccola dinastia del calcio, dato che il padre Guglielmo, “Mino”, era un difensore che nel primo dopoguerra militò a lungo nella Triestina dove fu anche compagno di Rocco, mentre il figlio Carlo ha seguito le sue orme tra i pali, facendo fortuna in Inghilterra tra il Chelsea e il Tottenham.
Così dopo Nereo Rocco e Cesare Maldini, se n’è andato l’ultimo della triade dei grandi triestini del Milan.
Cudicini nella Roma
La divisa nera contribuì ad accentuare l’evidenza di uno stile elegante, ma nel caso di Cudicini, come detto, fu soprattutto una partita a consegnare ai posteri l’accostamento al ragno: il quarto di finale contro il Celtic della Coppa Campioni 1969, che il Milan avrebbe poi vinto contro l’Ajax grazie alla serata formidabile di Pierino Prati e di Gianni Rivera. Il 4-1 inflitto nella finale del “Bernabeu” all’Ajax non sarebbe stato possibile senza l’eliminazione del Celtic, maturata a Glasgow per le prodezze del già maturo acrobata, immortalate dalla celebre cronaca di Hugh Taylor sul Daily Record: “Il Celtic avrebbe segnato di sicuro, se tra i pali della porta del Milan ci fosse stato un goalkeeper meno magnifico di Cudicini. Con i suoi pantaloni neri e attillati, non ha commesso il minimo errore e ha reso semplicissime le parate più difficili”.
Lui, provvisto com’era di notevole autoironia, avrebbe raccontato il bizzarro antefatto in un’intervista, per i suoi 80 anni, ricordando che “Black Spider” sì, d’accordo lo era diventato per via della calzamaglia nera, ma la divisa completa era molto più sgargiante: “La calzamaglia era perché d’inverno pativo il freddo alle gambe, però la maglia era anche gialla, verde, in qualche caso anche rosa shocking e vi lascio immaginare i commenti. Io avevo letto, tra l’altro proprio da uno studio inglese, che i colori più vivaci attiravano i tiri degli attaccanti”.