Il San Gennaro rossoblù si chiama Mario Faccenda. Nello stadio che Napoli ha voluto intitolare a Diego Armando Maradona, un suo gol permise di acciuffare per i capelli una salvezza ormai insperata: “Sono passati quarantadue anni, ma a me sembra ieri. Ho ricordi nitidissimi: il corner di Iachini, Russo che di testa allunga la traiettoria, io che sbuco sul secondo palo colpendo al volo di interno destro e mettendo la palla tra il montante ed il portiere. E certamente non ho dimenticato che il calcio d’angolo fu propiziato da un rinvio sbagliato di Castellini, il portiere del Napoli. La palla gli scivolò dalle mani e invece che in avanti finì così in calcio d’angolo. Quel gol fu molto chiacchierato, ma vi posso assicurare che fu di un grandissimo indice di difficoltà. Ancora adesso faccio fatica a capire come ho fatto a metterla proprio lì, trovando il pertugio giusto”.
Nella patria di San Gennaro non è il caso di farsi troppe domande. E comunque a spingere il pallone in rete c’era tutto lo stadio. La storia non indica chi fu il primo Masaniello a gridare “Genoa… Genoa”, fatto sta che il popolo lo seguì. Quel gol rese inutile la vittoria del Milan a Cesena. “La squadra rossonera, che era sotto di due gol, in soli dodici minuti si era portata sul 3 a 2 – ricorda Faccenda – La gente sugli spalti capì che stavano facendo una porcata e si schierò dalla nostra parte”.
Nacque così anche il gemellaggio tra i tifosi di Genoa e Napoli che è stato sciolto solo qualche anno fa, ma la grande amicizia tra le due tifoserie resta. “E dire – ricorda ancora Faccenda – che non avrei dovuto nemmeno giocare. Mi ero infortunato la domenica precedente a Marassi, proprio nello scontro diretto con il Milan che perdemmo in maniera rocambolesca dopo essere statiin vantaggio. A condannarci era stato un calcio di rigore provocato da Briaschi, che istintivamente aveva toccato la palla con una mano. Mi ero fratturato la testa del perone, ma me ne accorsi solo cinque anni dopo. Avevo male e così Simoni mi lasciò in panchina. Entrai soltanto a dieci minuti dalla fine al posto di Gorin, sei minuti dopo segnai il gol che è entrato nella storia del Genoa”.
Quando il pullman della squadra rientrò a Genova dall’aeroporto di Linate trovò 10 mila tifosi ad aspettarlo. La polizia consigliò per motivi di ordine pubblico un itinerario alternativo, ma il presidente Fossati sbottò: “Belin, non ci penso nemmeno. Sono anni che mi contestano e per una volta che ci vogliono applaudire non ci presentiamo?”.
Faccenda, che era il sosia di Rino Gaetano, era stato portato al Genoa da Rino Bondioli, genovese e genoano che si era trasferito a Latina e segnalava i giovani più promettenti della zona. Tra gli altri, Simonetta, Policano e Perin, oltre naturalmente a Faccenda. Simoni lo utilizzava in tutti i ruoli: mediano, difensore, libero, tornante. Appese le scarpe, si è specializzato in scouting, lavorando tanti anni insieme a Beppe Corti, un altro ex rossoblù di quegli anni.