Prima i mitra, poi gli autografi
Dic 8, 2024

Il successo di brasiliani poco conosciuti in patria è una sorta di tradizione del calcio italiano e, come tutte le consuetudini, ha origini molto lontane. Negli anni ’60, José Ricardo da Silva, detto China, fu uno di coloro che continuarono l’eredità: poco dopo aver difeso la nazionale alle Olimpiadi di Roma, fu acquistato dalla Sampdoria e visse grandi momenti per i blucerchiati.

Nato a Fortaleza, capitale del Ceará, José Ricardo da Silva si è guadagnato il soprannome di China per via dei suoi occhi a mandorla, anche se la sua discendenza è indigena. L’attaccante lasciò il Nordest alla fine degli anni Cinquanta e fece il suo debutto professionistico nel 1958, con il Botafogo.

“China” nella Seleção olimpica

Nel periodo in cui ha giocato per l’ Estrela Solitária, China ha guadagnato poco spazio. Tuttavia, ha vinto due titoli Carioca e uno del Torneo Rio-São Paulo, oltre ad aver giocato al fianco di icone del Botafogo come Nilton Santos, Didi, Amarildo, Zagallo e Garrincha, ed essere stato allenato da João Saldanha e Paolo Amaral.

L’attaccante attirò anche l’attenzione della nazionale e fu così chiamato a rappresentare il Brasile ai Giochi Panamericani del 1959, a Chicago, quando vinse l’argento, e ai Giochi Olimpici del 1960: quando si imbarcò per l’Italia, China diventò la prima persona del Ceará a competere alle Olimpiadi.

“China” in Italia sulle figurine “Panini”

I Giochi Olimpici tenutisi a Roma, la capitale italiana, gli cambiarono la vita per sempre. Il Brasile venne sorteggiato nel Gruppo C, insieme a Italia, Regno Unito e Taiwan, e non riuscì ad avanzare, visto che a passare il turno fu solo la capolista: i brasiliano infatti arrivarono secondi, dietro alla squadra di casa, l’Italia. China però fece delle buone prestazioni e realizzò una doppietta contro gli inglesi, entrando nel radar dei club del Belpaese. Nel 1962 la Sampdoria si assicurò l’acquisto dell’attaccante, che stava per compiere 23 anni.

Da Silva nella Roma 1965-’66

La Samp, all’epoca, era una squadra di metà classifica che aveva al suo attivo alcune stagioni più positive: fino ad allora, il suo miglior risultato in Serie A era stato il quarto posto, nel 1961. Da Silva non ha cambiato il livello del club, ma ha dato preziosi contributi per mantenerlo dov’era posizionato.

Nel L.R. Vicenza 1966-’67: è il secondo da destra, in piedi

Il brasiliano non era il rinforzo principale dei blucerchiati nell’estate del 1962. La squadra genovese ingaggiò anche il trequartista Jorge Toro, che aveva contribuito al terzo posto del Cile nel Mondiale disputato in casa e che fu uno dei perni della battaglia di Santiago, contro l’Italia. Il duo era arrivato per rinforzare un attacco che comprendeva anche l’esperto Sergio Brighenti e l’argentino Ernesto Cucchiaroni. China, tuttavia, non si comportò come le era stato chiesto, ma superò tutti i concorrenti nella gerarchia.

Da Silva, come venne soprannominato dagli italiani, fece il suo debutto in Serie A il 16 settembre 1962, in una partita in trasferta contro l’Atalanta. Diede subnito al calcio italiano il suo biglietto da visita: realizzò il gol della Samp nell’1-1. Poi, il brasiliano ha attraversato sette turni di digiuno in campionato, compensato con il gol in Coppa delle Fiere, per poi tornare a dare aria di grazia con una tripletta nel successo per 4-0 sul Catania.

Nella sua prima stagione, China ha segnato 15 gol in 32 partite, di cui 13 in Serie A. Sesto capocannoniere della competizione e bomber della Sampdoria, il brasiliano fu autore anche di una doppietta nel 3-1 sul Genoa, nel Derby della Lanterna che si giocò al ritorno, e cominciò così a scrivere la sua storia nella classica stracittadina. Alla fine la Samp concluse il campionato all’undicesimo posto.

Nelle due stagioni successive China e Sampdoria calano leggermente il livello. Il brasiliano segnò rispettivamente nove e otto gol in Serie A e aiutò la squadra doriana a restare nell’élite del calcio italiano per pochissimo: nel 1963-‘64, era quindicesimae dovette battere il Modena allo spareggio; nel 1964-‘65, quattordicesima, un solo punto in più del Genoa, suo rivale storico, che fu retrocesso.

In quella stagione la Samp perse entrambe le sfide contro il Genoa, ma in una China lasciò il segno. Divenne così il più grande marcatore straniero nella storia del Derby della Lanterna, con tre reti in una sola gara. Decenni dopo, il nativo del Ceará è stato superato da Diego Milito, che ha segnato quattro gol, ed eguagliato da Éder.

Nell’estate europea del 1965, da Silva salutò la Sampdoria, che stava attraversando una fase di trasformazione. Capocannoniere della squadra blucerchiata in due dei tre anni in cui ha giocato, il brasiliano chiuse la sua esperienza in Liguria con 36 gol segnati in 89 presenze e firmò il contratto con la Roma.

La squadra giallorossa a quei tempi non era per niente competitiva e non riusciva ad andare oltre la metà della classifica. China, comunque, non trovò spazio nel progetto del tecnico Oronzo Pugliese. Nell’intera stagione 1965-‘66, l’attaccante brasiliano entrò in campo solo 13 volte, segnando tre gol. Oscurato da Paolo Barison, suo collega dei tempi della Sampdoria, Lamberto Leonardi e Fulvio Francesconi, l’anno successivo si diresse al Vicenza.

Il Vicenza, sesto in Serie A, cede Luís Vinício, la sua grande stella, all’Inter, e lo sostituisce con China e Sergio Gori, quest’ultimo nerazzurro. Da Silva, però, è ancora una volta deludente: entra in campo solo 14 volte, con sei gol segnati. Nonostante il piccolo contributo del fortalezano, il Lanerossi resta nell’élite.

Nel 1967-‘68 China giocò le sue ultime partite in Serie A, ma con la maglia del Mantova. L’attaccante venne utilizzato solo due volte dal club virgiliano, poi retrocesso, e, a quasi 29 anni, salutò l’Italia. In evidente calo di prestazioni dopo il suo periodo d’oro alla Sampdoria, tornò in Brasile nel 1969 e fece parte della squadra del Bangu fino al 1972.

Nel 1972, all’età di 33 anni, tornò in Europa e decise di tentare la fortuna nel calcio svizzero, ma solo a livello amatoriale. In effetti, si sa poco della sua vita lì e, in generale, dei passi che fece in seguito. Dopo il pensionamento, ritornò in Italia e si stabilì a Rapallo, dove morì alla fine degli anni Novanta.

Da giocatore titolare del Botafogo, José Ricardo da Silva ha cercato il calcio italiano per raggiungere la ribalta. L’ha trovato alla Sampdoria, dove è riuscito a costruire una storia straordinaria nel derby di Genova e a ritagliarsi un posto nel cuore dei tifosi blucerchiati più fanatici. Anche così, la sua morte, lontano dai riflettori, ha reso chiaro quanto possano essere effimere le situazioni della vita.

Divenne oltremodo famoso per un episodio extracalcistico avvenuto quando giocava nel Vicenza.

Torniamo a Roma. Il 17 febbraio 1967, riversi sull’asfalto di via Gatteschi, dietro Villa Blanc, ci sono i corpi crivellati dai proiettili di Silvano e Gabriele Menegazzo. Sono due fratelli, rappresentanti di gioielli di 23 e 19 anni.

L’omicidio dei fratelli Menegazzo sulla stampa dell’epoca

Sono stati massacrati da una scarica di proiettili alle otto di sera, un momento dopo essere usciti dall’auto che avevano parcheggiato davanti casa e aver tirato fuori dal portabagagli il campionario di oggetti preziosi con cui lavoravano. Ad attaccarli, per sottrarre loro i gioielli, sono due uomini, scesi da una Giulia color verde bottiglia. La polizia istituisce un centinaio di posti di blocco, i sospetti puntano verso Leonardo Cimino, detto “lo smilzo”, che si era già fatto notare per una serie di precedenti tra furti d’auto e scippi. Sembra essere anche il responsabile di un recente colpo allo stabilimento San Pellegrino sulla via Salaria, durante il quale rimangono ferite due persone. Nel mirino degli agenti c’è anche un altro uomo, Franco Torreggiani, ribattezzato dalla stampa “il disertore miope”. Sulla scena del crimine, infatti, vengono trovati un paio di occhiali da vista rotti, calpestati durante la colluttazione.

La foto segnaletica di Leonardo Cimino

Anche China da Silva ha un’Alfa Romeo Giulia di colore verde e, mentre si ferma a comperare i giornali sportivi in un’edicola di Abano Terme, una telefonata ai Carabinieri fa scattare il finimondo. All’edicolante da Silva assomiglia al bandito Cimino, per cui allerta i Carabinieri, che rintracciano l’auto del calciatore a Settecà, vicino a Vicenza. La circondano, mitra spianati, da Silva è senza parole, spaurito, non capisce cosa stia succedendo. Scende con le mani in alto e urla di essere un calciatore del Vicenza. L’equivoco viene chiarito, ci sono le scuse, alcuni carabinieri si fanno anche fare l’autografo. Ma quanto spavento!

I due sospettati vengono presi alcuni mesi dopo, in un casolare a Monte Mario, in via Basilio Puoti. Sono in quattro, in realtà. Insieme a Leonardo Cimino e Franco Torreggiani, alla sanguinosa rapina avevano partecipato anche Mario Loria e Francesco Mangiavillano, colui che viene considerato la mente criminale dietro al colpo. È Torreggiani ad accusarlo. Verrà catturato solo più tardi ad Atene ed estradato in Italia per il processo.

A quel delitto efferato seguì una stagione di violenze e paura, non solo nelle vie e nelle piazze Roma, che iniziò nel 1968.

Mario Bocchio

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