Il tempo passa in fretta, ha già 63 anni. Lecce è diventata la seconda patria dopo la Bielorussia. Stiamo parlando di Sergej Alejnikov che insieme al suo compagno di nazionale Aleksander Zavarov fu uno dei primi calciatori a lasciare l’Unione Sovietica per giocare in un Paese dell’Ovest, l’Italia, considerata a inizio anni ’90 il paradiso del pallone europeo.
Rimase a Torino solo un anno dopo aver vinto Coppa Italia e Coppa Uefa, e poi fu ceduto al Lecce dove retrocede l’anno successivo in serie B. Dopo qualche peregrinazione tra Giappone e Svezia, riapproda in Italia dove inizia ad allenare senza particolari fortune. Prima di chiudere la carriera da calciatore nella stagione 1997-‘98 arriva in Calabria, a Corigliano per disputare il campionato di serie D. È il Corigliano Schiavonea del presidente Franco Guerriero e del direttore generale Lorenzo Perrone.
I biancoazzurri vogliono fare le cose in grande tanto che riescono a mettere su una rosa davvero importante, vi militano fior di giocatori quali: Miggiano, Guzzetti, Maritato, D’Acri, Dima Ruggiano, Montaperto, Fabio Sestito, Tramonte e Triolo. Sotto la guida tecnica di Carmelo Miceli, il Corigliano avrebbe dovuto contrastare il passo del Messina Peloro, del Milazzo e del Ragusa, tutte super corazzate.
Purtroppo le cose non andarono bene per il Corigliano Schiavonea, tanto che già a dicembre la società decise di smobilitare, rimandando a casa anche Alejnikov che alla fine giocherà nove partite realizzando anche una rete. Nonostante i suoi 37 anni il bielorusso in quelle poche apparizioni mostrò il suo talento, abile nel registrare il centrocampo e fornire gli assist necessari agi attaccanti.
Ricordiamo l’entusiasmo con il quale Sergej venne accolto dalla tifoseria e lui, persona abbastanza socievole non mancò mai di ringraziare i coriglianesi della calda ed affettuosa accoglienza. Poi Alejnikov decise che era giunto il tempo di appendere le scarpe al chiodo e l’anno successivo intraprese la carriera di allenatore ad Anagni.
La carriera di allenatore che ha svolto fino al 2014 non gli ha procurato grandi soddisfazioni, ma Alejnikov, con la sua proverbiale sincerità, ha affermato che è stata una parentesi comunque importante.
Un calcio vissuto sempre ai vertici dei tornei dilettantistici con fior di squadre. Ovviamente non parliamo solo di Corigliano, ma anche di Rossano, Cariati, Acri e Trebisacce.
Un calcio che ha divertito e appassionato i tifosi di queste città. Un calcio che ha costellato domeniche indimenticabili, dove tutto si viveva con trepidazione e partecipazione. La gara della domenica, sia in casa che in trasferta, era attesa perché era giunto il momento di vedere all’opera quella squadra, quei calciatori che lottavano e buttavano il cuore oltre l’ostacolo. Tutto ciò il tifoso lo vedeva, ed era anche per questo che la domenica affollavano gli stadi. Oggi, invece, nei nostri stadi c’è solo tristezza, mestizia e tanta mediocrità.
È davvero raro poter assistere ad una gara di Calcio con la c maiuscola. Le nostre città si devono accontentare di palcoscenici calcistici di secondo piano, con tutto ciò che ne consegue. È vero, siamo nostalgici del calcio che fu, non possiamo sottacere quello che “passa il convento”. È chiaro che come nella vita, anche nel mondo del calcio, non bisogna mai disperare e chissà che in un tempo non molto lontano le nostre città potranno tornare a respirare l’aria del calcio che conta, per rivedere, con immenso piacere, gli stadi tornare ad essere pieni di tifosi. Dobbiamo sperare, anche perché sperare non costa nulla.