Estate del 1982. L’Italia di Bearzot ha appena vinto il Mondiale in Spagna, il calcio italiano, così, si riprende una bella rivincita dopo lo scandalo del calcioscommesse di due anni prima. L’Avellino, agguantata la salvezza, programma in anticipo le sue scelte di mercato e nel mese di maggio annuncia di aver già ingaggiato Barbadillo (protagonista con il suo Perù proprio nei Mondiali spagnoli) e, vista l’ormai imminente cessione di Juary, opziona l’attaccante danese Skov. Dalla stagione 1982-‘83, infatti, il numero di stranieri aumenta e da uno passano a due. Il presidente Sibilia, una volta incassati i 2 miliardi per la cessione del brasiliano, investe subito il denaro percepito spendendo un miliardo per acquistare Barbadillo dai messicani del Nuevo León, investendone altri 500 (dopo una richiesta iniziale di 800) per ingaggiare dal Bruges Søren Skov.
Il presidente è rimasto impressionato da una videocassetta in cui si potevano ammirare le gesta dell’attaccante danese. Il Commenda “anticipa” tutti e, tra lo scetticismo generale, annuncia l’acquisto di Skov che firma un contratto di 200 mila dollari (260 milioni di vecchie lire). L’attaccante danese (1,82×69) arriva in Italia nel pieno della sua carriera iniziata nella squadra della sua città, il Nyborg, e continuata nell’Odense. Nel dicembre del 1975 si trasferisce in Germania, nel St. Pauli.
Non particolarmente redditizia la prima stagione (19 presenze e 4 reti), ben più prolifica e soddisfacente la seconda, con 34 presenze e 7 reti contribuisce alla promozione del St. Pauli in Bundesliga. Per lui, però, non si aprono le porte della massima serie tedesca ma di quella belga. Nel 1977 passa al Bruges, ma non riesce a evitare la retrocessione della squadra.
Come in Germania, nel secondo anno conquista, invece, nuovamente una promozione, anche se Skov trascorre una stagione tra luci e ombre (22 presenze e 3 reti).
Nonostante i risultati non proprio esaltanti del club, Skov inizia a timbrare il cartellino con una certa continuità: 12 centri nella stagione 1979-‘80 e 7 in quella del 1980-‘81. Ma è nella stagione 1981-‘82 che il danese esplode definitivamente (in Belgio), grazie ad un bottino di reti niente male: con 23 gol è vice capocannoniere della First Division.
La sua esaltante stagione trova consensi anche in patria, l’allenatore della Nazionale danese Sepp Piontek, infatti, convoca Skov per una serie di amichevoli. Il 5 maggio del 1982 esordisce in nazionale in un Danimarca-Svezia 1-1 (giocando tutti e 90’ minuti), collezionando altre due presenze contro l’Austria e il Belgio. Rimarranno, però, le uniche apparizioni nella nazionale maggiore dopo quelle nell’Under 19 (2) e Under 21 (4 e 1 gol). Chiusa l’esperienza con il Bruges, ecco arrivare il grande salto. Snobbato dalla stampa nazionale, il 29 giugno del 1982 l’Avellino presenta, accompagnato dalla moglie Martine, il nuovo attaccante. Partito Juary, il nuovo allenatore Marchioro si aggrappa al danese, e a Barbadillo, nella speranza di agguantare una nuova salvezza. Nel ritiro di Pontremoli Skov non sfigura, segna nelle prime amichevoli precampionato trovando la via della rete anche nelle prime gare di Coppa Italia contro la Lazio e il Napoli.
Ma è quando inizia il campionato che la delusione diventa realtà. Marchioro, nelle prime gare della stagione, affida la maglia numero nove sulle spalle di Skov, ma il danese in campo diventa un vero e proprio oggetto misterioso.
Gioca titolare le prime cinque gare di campionato, ma la porta non la vede quasi mai. A peggiorare la situazione ci si mette anche l’esonero di Marchioro, l’Avellino è penultimo in classica. Il nuovo tecnico Veneranda relega Skov ai margini della squadra, facendolo accomodare sistematicamente in panchina. La maglia di centravanti passa sulle spalle di Bergossi, ma l’intuizione di Veneranda è Barbadillo punta centrale con Vignola e Limido a supporto. Saranno proprio Vignola (7 reti) e Barbadillo (6 reti) le principali bocche di fuoco avellinesi che condurranno l’Avellino alla salvezza. E Skov? Il danese, dopo le prime cinque gare da titolare, ha visto poco il campo. Veneranda gli ha concesso solo spezzoni di gara, facendolo entrare sempre a partita in corso (eccezion fatta della gara Pisa-Avellino alla tredicesima giornata).
Unica soddisfazione la doppietta rifilata alla Roma (che poi vincerà il campionato) negli ottavi di Coppa Italia. Più che di Søren i tifosi irpini conservano un buon ricordo della moglie Martine, voci dicono molto vicina alla Curva. Ottenuta la permanenza in Serie A, l’Avellino si libera di Skov che chiude la negativa esperienza irpina con all’attivo 16 presenze e 0 reti.
Ritorna in Germania e va all’Hertha Berlino (serie B) senza lasciare segno (7 reti in 48 partite). Nel 1985 si trasferisce in Svizzera giocando nel Winterthur prima e nel San Gallo dopo. È rimasto in Svizzera una volta chiusa la carriera di calciatore per diventare bancario, almeno così si narra. Søren Skov: maledetta quella videocassetta!