Come moltissimi altri italiani in cerca di fortuna, anche i suoi genitori emigrarono in Sudamerica da Cairate, in Lombardia in provincia di Varese.
Ernesto Mascheroni nacque così a Montevideo nel 1907, ventitré anni dopo sarebbe diventato campione del mondo con l’Uruguay, allora nazionale dominante.
Mascheroni giocava per l’Olimpia di Montevideo, la squadra fu la quinta ad aderire al campionato uruguaiano nel 1929 e si estinse nel 1933, quando insieme al Club Capurro si unì per formare l’attuale River Plate uruguaiano.
Dopo la Coppa del Mondo del 1930, Mascheroni fece il salto di qualità, andò a giocare nel Peñarol, dove però non vinse il campionato. Un anno dopo non era più nemmeno titolare, poiché il duplex della difesa aurinegra era composto da Adhemar Canavesi e Alberto Noguéz. Ma la resurrezione avviene nel 1933, Mascheroni è titolare assoluto, alla fine vince il campionato.
Mascheroni indossò ancora la maglia del Peñarol in alcune partite nel 1934, anno in cui giocò brevemente nel calcio argentino nell’Indipendente Il suo posto al Peñarol fu occupato da Héctor Cazenave, in seguito giocatore della squadra francese nella Coppa del Mondo del 1938.
Dopo l’Independiente, Mascheroni andò in Italia all’Inter, nella cosiddetta era Ambrosiana. A quel tempo, la squadra di Milano acquistò un altro giocatore uruguaiano dall’Independiente, Roberto Porta, e aveva già un altro giocatore uruguagio, Faccio.
Nonostante abbia giocato anche due volte nella Nazionale italiana, Mascheroni non viene ricordato tra gli uruguaiani di maggior successo nel calcio italiano. Molti calciatori oriundi hanno lasciato l’Italia con lo scoppio del conflitto con l’Etiopia, nel 1935, per paura di essere richiamati dalle Forze Armate italiane.
Mascheroni tornò in Uruguay nel 1937, ripresentandosi al Peñarol. Nello stesso anno fu campione uruguaiano, in una squadra in cui la coppia titolare avrebbe dovuto essere composta da Jorge Clulow e Mario Barradas. La conquista del titolo si ripete non l’anno successivo, sempre con Mascheroni titolare insieme al Clulow. In quel periodo spicca anche la vittoria per 7-2 sull’Estudiantes de La Plata nel Torneo Rio-Pratense. Il difensore smise di giocare nel 1940, quando perse il ruolo: Barradas, Clulow e Agustín Prado formarono la linea dei difensori. Erano ormai loro gli idoli della tifoseria.
In Nazionale Mascheroni partecipò alla Copa América del 1929, ma non giocò, era la riserva di Pedro Arispe e José Nasazzi, la coppia titolare anche in occasione delle due vittorie alle Olimpiadi nel 1924 e nel 1928. La sua stella brillò solo il 21 luglio 1930, nel bel mezzo della Coppa del Mondo, nella seconda partita. Da quel momento in poi resterà lui in campo, in coppia con Nasazzi.
Giocò la sua ultima volta con la Celeste il 12 febbraio 1939, e in totale sono state solo tredici le volte con la maglia dell’Uruguay.
Come detto, quando era giocatore dell’Ambrosiana di Milano Mascheroni scese in campo due volte con la Nazionale italiana, entrambe nel 1935, quando gli Azzurri sconfiggono 2-1 la Francia in amichevole a Roma (in un’escalation che prosegue con gli argentini Enrique Guaita e Alejandro Scopelli), e il 17 febbraio, quando si impongono 2-0 sull’Austria in Coppa Internazionale. C’erano anche gli altri sudamericani: l’uruguaiano Ricardo Faccio e gli argentini Guaita, Atilio Demaria e Raimundo Orsi.
L’Uruguay rifiutò di prendere parte alla Coppa del Mondo del 1938, ufficialmente come rappresaglia per l’assenza delle potenze europee nell’edizione del 1930. Il 12 febbraio 1939, quando Mascheroni giocò in Nazionale per l’ultima volta, la gara valeva per l’ultimo impegno della Celeste in Copa América. Il titolo venne vinto dal Perù padrone di casa.
Mascheroni nell’Ambrosiana di Milano
Riguardo alla conquista del Mondiale del 1930, Mascheroni dichiarerà anni dopo:
“Dicevano che non sapevamo giocare a calcio, che eravamo falsi campioni (…). Il calcio del 1930 non ammetteva di passare indietro. La palla va sempre nella direzione della porta. Ogni volta che ricevevamo la palla, segnavamo il gol.
Mentre ci dirigiamo a Montevideo, i poveri argentini attraversano grandi difficoltà. La polizia aveva confiscato loro tutto il bagaglio in cerca di armi. Erano certi della vittoria. Ma non sapevano che le forze uruguaiane avrebbero negato il fuoco, non importa quanto incredibili fossero le nostre avversità sul campo. Non sono troppo impertinente. Ma non possiamo smettere di esaltare quella nostra generazione di grandi eroi, come Capitan Gestido, il meraviglioso e coraggioso Scarone, il bel Ballesteros, il maestro Nasazzi, il dinamitardo Cea, il fenomenale Dorado. (…) “.
In tempi di professionalità meno remunerativa nell’attività di calciatore, Mascheroni, specializzato in meccanica di ascensori, scelse liberamente di non diventare allenatore ma ascensorista. La stampa brasiliana, cinquant’anni dopo il titolo della Coppa del Mondo del 1930, ha sottolineato che, allo stesso modo, José Nasazzi “tagliò il marmo, contribuendo a costruire il Palazzo Legislativo” e che José Pedro Cea “si guadagnò una vita caricando e scaricando ghiaccio”.
Nel pieno del 1980 era famoso come l’ultimo uruguaiano ancora in vita della squadra del 1930. Gli altri due sopravvissuti di quel Mondiale, il peruviano Antonio Maquilón e il brasiliano Oswaldo Barros Velloso, si unirono a lui in un omaggio in occasione del chiacchierato Mundialito.
Mario Bocchio