La sua vita come un film di Pietro Germi. Sidio Corradi: uno che non avrebbe mai dovuto farlo, il calciatore. Perché i calciatori sono solo dei vagabondi.
“I miei dicevano così. Porto Ercole, Toscana, davanti all’Argentario: famiglia poverissima di pescatori. Uscivo da scuola e andavo per acciughe con mio padre, Gigi, dalle 5 del pomeriggio e fino all’alba. Alla lampara. Con un altro bimbo, un mozzo come me, Erasmo detto Rossinetto – dalle mia parti storpiano tutti i nomi, però con Sidio era impossibile, sognavamo di diventare dei giocatori. Nel primo pomeriggio, invece di dormire, giocavamo scalzi in piazzetta”.
Corradi nel Bologna che vinse lo scudetto
Un giorno, un signore le dice: “Sei bravo, col pallone. Domani c’è un torneo a Orbetello: vieni?”.
“Ci ho pensato tutta la notte, sulla barca. Ma la partita era alle 18: come facevo, con la lampara? Il giorno dopo, 6 chilometri con gli zoccoli di legno ai piedi. Abbiamo vinto 11 a 0, ho fatto 6 gol con un paio di scarpe strette prestate. Non avevo mai indossato, le scarpe. Al ritorno ho scoperto che mi avevano cercato per un’ora e mezza in tutto il paese, poi la barca era partita. Mia madre mi ha tirato un ceffone, mi ha cacciato di casa: ‘Tuo padre non ti vuole più’. Sono andato a vivere dalla zia Olga, per 5 mesi”.
Poi suo padre l’ha richiamata.
“Stava morendo. Cirrosi epatica. A quei tempi, a Porto Ercole, a parte il vino non c’era molto altro. Mi ha detto: ‘Non fare mai il mio mestiere. È troppo duro’. E sono diventato un giocatore. Però i miei familiari – a parte Amneris, una delle mie 3 sorelle – non sono mai venuti a vedermi: i giocatori sono dei vagabondi, brutta gente. Quando Amneris è venuta, ho preso un calcio in testa e lei per lo spavento è svenuta: l’hanno portata al pronto soccorso”.
Tre stagioni con la maglia del Cesena
A 19 anni ha vinto uno scudetto col Bologna. Giocando una sola partita.
“Dall’Orbetello dovevo passare alla Fiorentina, ma il presidente del Bologna, Renato Dall’Ara, tirò fuori un milione e mezzo di lire: nel 1960 era un sacco di soldi, fece anche un bel regalo alla mia famiglia. L’esordio proprio a Firenze, un colpo di fortuna: Pasculli squalificato, Renna si era fatto male in palestra, eravamo rimasti io e Pace ma Bruno era troppo funambolo, e Fuffo Bernardini – l’allenatore – scelse me. Mi sembra un sogno, all’ingresso in campo Bulgarelli mi mise accanto al capitano Pavinato, giocai a fianco di un monumento come Haller: nonostante un mignolo fratturato da un pestone di Robotti, mi meritai un bel 4 in pagella (allora, il massimo dei voti era 5). A giugno il Bologna vinse il campionato, battendo l’Inter in uno spareggio”.
Ma Sidio Corradi finì in serie C, col Cesena.
“Prima una breve parentesi col Vicenza, giocando accanto a Luis Vinicio, ‘O Lione. A Cesena veniamo promossi in serie B, e un giorno affrontiamo il Genoa che lotta per andare in A però io segno 2 reti e rovino tutto: un tipo col naso a becco e una grossa bandiera rossoblù mi insulta dal primo all’ultimo minuto, una serie di parolacce in genovese che cominciavano tutte con la lettera B. Passo al Varese con Liedholm allenatore, Bettega e Braida: veniamo promossi in serie A. Ma…”.
Sidio Corradi nel Genoa
Aspetti, mi lasci indovinare: la rimandano in C.
“Esatto. Mi compra il Genoa, che era allenato da Sandokan Silvestri e mi voleva a tutti i costi, perché magari non avevo un grande talento però quanto a determinazione non ero inferiore a nessuno. ‘Se mi seguite, in 3 anni andiamo in A’, dice Silvestri, che tirava dei ceffoni da fare paura. Il tifoso col naso a becco, si chiamava Boero, mi abbraccia. In pratica, non me ne sono più andato”.
Il suo compleanno…
“Sono nato lo stesso giorno di Gigi Riva, eravamo compagni di stanza in Nazionale giovanile. Nei letti a castello di Coverciano voleva dormire sopra, aveva paura che nella notte gli cascassi addosso”.