Alto, i calzini rotolati giù e con un controllo ipnotico della palla che sembrava in contrasto con la sua fisicità, Jan Ceulemans era un enigma calcistico che molte difese trovavano impossibile da affrontare in campo. Nominato da Pelè nella sua lista dei 125 più grandi calciatori viventi, Ceulemans rimane il giocatore più titolato del Belgio con 96 presenze, metà delle quali da capitano.
L’anno era il 1980. Il Milan era appena stato retrocesso dalla Serie A a causa del suo coinvolgimento nello scandalo del Totonero, mentre Ceulemans aveva giocato per la nazionale belga, che aveva raggiunto la finale dei Campionati europei a spese dei padroni di casa, l’Italia di Bearzot, quell’estate. Il Milan era alla ricerca di una firma per aumentare il morale e aveva identificato Ceulemans come il suo obiettivo numero uno.
Ceulemans, tuttavia, tendeva a prendere le sue grandi decisioni di carriera nello stesso modo in cui si avvicinava a un portiere. I suoi fianchi sarebbero andati in una direzione, convincendo il suo avversario delle sue intenzioni, ma invece, quasi come uno sciatore slalomista, avrebbe usato le sue ginocchia con effetti devastanti, spingendosi nella direzione opposta. Nell’estate del 1980, il Milan rimase seduto sul prato, chiedendosi cosa fosse successo proprio davanti ai suoi occhi. Ceulemans è andato al Milan, ha concordato i termini in linea di principio, ha posato per le foto con la gerarchia rossonera, quindi è tornato prontamente in Belgio e ha cambiato idea sul trasferimento.
Tre anni prima, gli era stata offerta la possibilità di lasciare il suo club, il Lierse, per una delle due grandi del Belgio: Anderlecht o Club Brugge, che si erano buttati in una accesa battaglia per la sua firma.
Seguendo la sensazione provata durante la sua visita a Bruges, si era impegnato con i doppi vincitori del 1977, piuttosto che fare squadra ad Anderlecht con l’elettrico Rob Rensenbrink. L’unica condizione che Ceulemans aveva posto era la quella di un’ultima stagione in prestito con il Lierse. Il Brugge, nell’entusiasmo di battere l’Anderlecht, seppur con riluttanza, acconsentì. La differenza che Ceulemans avrebbe potuto apportare alla partecipazione alla Coppa Campioni del Bruges era persa per sempre, soprattutto quando i belgi hanno raggiunto la finale, dove sono stati sconfitti a Wembley dal Liverpool di Bob Paisley.
Ceulemans ha trascorso ben 13 anni a Bruges, vincendo tre titoli di campionato e due Coppe nazionali. Segnò una netta divisione dei successi, poiché il club mostrò la sua ascesa all’inizio e alla fine degli anni ’80. Nonostante i successi nazionali, la gloria europea è rimasta sfuggente. La corsa alla finale della Coppa Uefa nel 1988 si infranse in semifinale contro l’ Espanyol, in modo straziante quando il club catalano segnò il gol della vittoria al 119° minuto. Ceulemans, effusivo durante l’andata, non giocò il secondo atto. È stata la volta in cui andò il più vicino possibile a una grande finale europea.
L’interesse per la Serie A si fece strada ancora una volta, con la Lazio che faceva domande sulla sua disponibilità. All’epoca non gli importava, e solo ora, a posteriori, si lamenta di non aver approfittato delle opportunità che gli sono state offerte per testare le sue indubbie capacità sull’allora più grande palcoscenico d’Europa.
In nazionale partecipò invece a tre successive Coppe del Mondo, come capitano nella semifinale a Messico ’86. Ceulemans era a suo agio a fianco del potente contingente dell’ Anderlecht di Enzo Scifo, Erwin Vandenbergh, Rene Vandereycken e Franky Vercauteren. La sua personalità rilassata lo ha reso possibile, e la vittoria ai quarti di finale contro la Spagna è abbastanza eloquente per dimostrare l’armonia nella squadra belga. All’età di 33 anni, Ceulemans ebbe la possibilità di un ultimo tiro di dadi internazionali. A Italia ’90 entrò dalla dalla panchina nel match di apertura per dare energia ai suoi compagni contro la Corea del Sud. Mantenendo poi il suo posto in squadra per le altre partite, Ceulemans ha colpito il palo contro l’Inghilterra a Bologna, quando i belgi furono battuti, nonostante fossero la squadra migliore.
In un’epoca in cui il Belgio è di nuovo in ascesa, l’unica cosa che manca è l’erede naturale di Jan Ceulemans, il centrocampista più serico, audace e coerente della sua storia.
Mario Bocchio