La storia dei Campionati mondiali del 1978 parte subito male, visto che ad incombere sulla più grande manifestazione sportiva, dopo le Olimpiadi, vi sono delle ombre non indifferenti. Il generale e dittatore Videla aveva reso l’Argentina tristemente nota per la questione dei desaparecidos, prigionieri sequestrati clandestinamente, torturati fino alla morte e, talvolta, gettati in mare in pasto agli squali del Pacifico.
In questo clima tutt’altro che amichevole, nel paese sudamericano si organizza la massima competizione calcistica intercontinentale: i media, le federazioni e gli stessi giocatori tentano di boicottare in tutte le maniere il Mondiale argentino, minacciando la mancata partecipazione alla competizione. Lo stesso Johann Cruijff – come abbiamo visto – decise di non aggregarsi alla nazionale olandese, sia per una questione politica, visto che il dittatore Videla non godeva di alcun consenso nella liberale Olanda, sia per una questione personale, tutta da confermare: il numero 14 per eccellenza e la sua famiglia sarebbero stati minacciati di morte, al fine di impedirgli di far parte della selezione Oranje.
Tra mille polemiche il primo giugno si gioca Germania Ovest – Polonia, la gara inaugurale: i polacchi strappano uno 0 a 0 ai campioni del mondo in carica e successivamente andranno a vincere il girone. L’Olanda dal canto suo non è più quella brillante di quattro anni prima, ma comunque riesce a qualificarsi come seconda nel suo gruppo. Nella seconda fase del torneo la formazione Ernst Happel sotterra l’Austria per 5 reti a 1, pareggia con la Germania Ovest e vince, grazie allo storico tiro di Arie Haan, contro l’Italia di Dino Zoff.
Ridendo e scherzando, con qualche affanno, ma nemmeno troppi, l’Arancia meccanica è ancora in finale del Mondiale. Così come quattro anni prima, è ancora la squadra di casa l’ostacolo finale per la coppa più prestigiosa di sempre. Quel 25 giugno del 1978 per i giocatori olandesi non sarà un giorno come gli altri nè, ovviamente, una partita come le altre. Lo stadio Monumental è pieno in ogni ordine di posti e già all’ingresso delle squadre in campo si intuisce in che clima gli uomini della nazionale Oranje: dagli spalti piovono addirittura i seggiolini, indirizzati verso l’undici di Happel.
Si profila uno scontro tra due mentalità, quella conservatrice dell’Argentina contro la spinta innovatrice dell’Olanda, rappresentata da undici uomini con i capelli lunghi e le basette incolte, insomma dei veri e propri hippie. “Lo scontro risulta impari e solamente con gli aiuti evidenti del direttore di gara, Sergio Gonella, probabilmente pagato profumatamente o minacciato di morte a sua volta, quella Argentina poteva sconfiggere gli Oranje”. (…)
“Ma non bastavano i favoritismi arbitrali per abbattere l’Olanda: ad ogni azione pericolosa da parte dei Tulipani, i tifosi argentini occupavano il terreno di gioco, rendendo impossibile giocare con la dovuta serenità” (…)
Il match terminerà, come sappiamo, 3 a 1 per l’Albiceleste, gli argentini trionfano ai supplementari e sono incoronati campioni del mondo per la prima volta nella loro storia. Gli olandesi non lo accettano, ragionevolmente non assistono alla premiazione dei “falsi vincitori” e si ritirano negli spogliatoi.
La storia ci ha abituato a degli antieroi e, calcisticamente parlando, quella nazionale olandese del ’78 era composta da antieroi, uomini che hanno sfidato la dittatura argentina, lottando fino alla fine.
“I veri vincitori sono loro, poco importa non avere un trofeo che lo dimostri, l’oro si può comprare, l’onore no” (…).
Bibliografia: Calcio Olandese; Storie di Calcio