Il Flipper segna 74. Settantaquattro anni compiuti, vissuti come un unico irresistibile sprint che Oscar Damiani continua a condurre a tutta velocità. Ex ala con ottimo fiuto del gol (133 in carriera), appassionato di arte e moda, procuratore sulla cresta dell’onda da decenni, Damiani è stato un idolo dei tifosi del Genoa «dove sono stato tre anni, i più belli della vita da calciatore».
«Ogni anno ricevo tanti attestati di stima e affetto sia dal mondo del calcio che da quello dell’arte. Ho capito che mi vogliono bene: non mi aspettavo tanto calore. Mi chiama sempre Marco Simone, uno dei tanti ragazzi che ho seguito, tra cui ci sono Palloni d’oro come Papin, Weah, Zidane e Shevchenko». Anche i tifosi del Genoa, sui social, le scrivono sempre tanti messaggi.
«In rossoblù si è visto il miglior Damiani e ho vissuto gli anni migliori». Dal 1976 al ’79, 97 gare e 40 gol tra campionato e Coppa.
«È il club con cui ho segnato di più. C’era un feeling speciale: pubblico caloroso e ottimi allenatori, a partire da Simoni con cui avevo gran sintonia. La città mi piaceva, ho vissuto anni a Sori. E poi c’era Pruzzo…». Coppia perfetta. «Il compagno con cui mi sono trovato meglio. Io ero Flipper, soprannome dato da Invernizzi nelle giovanili dell’Inter, perché giocavo sempre a flipper e per come mi passavo la palla da un piede all’altro, come la pallina del flipper. E Pruzzo per me era semplicemente Bomber, il bomber di Crocefieschi. In un anno 29 gol: lui 18, io 11. Io lo aiutavo a far gol ma lui mi apriva tanti spazi, in area era perfetto».
Il gol a cui è più legato? «Più di tutti il primo alla Juve, mia ex squadra, contro un grande come Zoff. Poi i tre alla Samp nel derby: so quanto ci tenevano i tifosi. E quelli per la salvezza in B, dove ero stato capocannoniere con 17 gol». A Genova ha giocato l’unica gara da titolare in azzurro. «Nel ’74. Avevo debuttato a Belgrado, poi al Ferraris giocai 90’ contro la Bulgaria: attaccammo tanto ma fu 0-0. E poi stop: solo due presenze. Ho avuto la sfortuna di giocare negli anni di Causio, Conti e Sala, tre che nel mio ruolo erano più bravi di me. Ma io ho fatto più gol di loro… (ride NdR)».
Damiani emerse nel Lanerossi Vicenza per poi proseguire la carriera nel Napoli, Juventus, Genoa e Milan. Chiuse con il calcio attivo giocando nella serie cadetta, con Parma e Lazio, non prima di una parentesi negli Stati Uniti, nel 1984, nei Cosmos di New York.
“Foresto sotto certi aspetti – scrisse il grande Vladimiro Caminiti – è Damiani detto Oscar o Flipper, parlatore agguerrito nella fattispecie del rapporto col giornalista. Ala disposta a sgroppare e sudare, non a rischiare, fine, eccentrico, con le fatiche dell’emigrante nelle ossa e la protesta sociale nelle vene, riprese nella Juventus del collettivo un discorso di sopravvissuti, la corsa lungo l’out e il cross, il dribbling pur fine a se stesso, avendo dirimpettaio il lezioso ed estroso leccese Causio detto Brazil. Non gli credeva Vycpálek, lo osteggiavano Capello ed anche Bettega, gli era amico Furino e peranco Causio. In verità, Damiani correva molto, mai aveva corso tanto nel Napoli dove Chiappella gli dava dal pavido. Ragazzo che vive non soltanto di calcio, Damiani ha educazione di emigrante, sa soffrire, sa aspettare, sa mettersi da parte. E sa segnare goal decisivi, di piede e di testa, soprattutto di testa, perché non gioca solo coi piedi. All’appuntamento non tarda mai. È uno che ha imparato a vivere prima di imparare a giocare. Un ragazzo serio riuscirà sempre a domare, si fa per dire, un pallone di cuoio. Chi conosce i propri limiti va lontano”.