“Punizione di Fanna dalla sinistra, palo di Mandorlini. Palla a un metro dalla porta, approfitto dell’uscita non perfetta di Terraneo e deposito in rete”. Così Giuseppe Minaudo, in un’intervista di qualche anno fa alla Gazzetta, ricorda il gol che gli ha consegnato un posto nella storia. La storia delle meteore che hanno deciso un derby di Milano. Rispolveriamo la vicenda di questo esterno siciliano entrato nella galleria delle leggende come Schelotto, Obi, de Jong o Comandini. Eroi magari solo per un giorno ma di quelli che nessuno dimenticherà mai. Perché hanno deciso un derby, quel derby.
Giuseppe Minaudo, nato a Mazara del Vallo nel ’67, aveva fatto tutta la trafila delle giovanili dell’Inter quando a 19 anni arrivò la sua grande occasione. La sua fortuna fu che in panchina per i nerazzurri c’era un certo Mario Corso, che veniva dalla Primavera e conosceva bene tutti i giovani talenti interisti. È il 6 aprile del 1986, si gioca Inter-Milan. Prima della partita, durante il riscaldamento, Rummenigge si infortuna: Corso, che a novembre era subentrato a Castagner, manda in campo al suo posto Luciano Marangon.
Ma anche l’ex Verona e Vicenza, dolorante a una mano, a fine primo tempo è costretto a chiedere il cambio. Nell’intervallo, con il risultato fermo sullo 0-0, mentre Minaudo sta palleggiando in campo con alcuni compagni, riceve la comunicazione che cambia la sua vita: “Scaldati, Corso ti fa entrare al posto di Marangon”. Minaudo entra e al 76′ segna la rete che lo consacrerà a vita, determinando il ko del primo Milan di Berlusconi.
Il Meazza è in delirio. Lui ricorda: “L’avvocato Prisco a fine partita mi presentò ai giornalisti: ecco il prodotto del vivaio che ci ha fatto battere il Milan. Berlusconi non lo incontrai mai ma Galliani sì: c’è stata l’occasione e lui stesso ha ricordato quel gol anche in varie interviste. Diciamo che non gli sto molto simpatico”. Con l’Inter però non dura (“La mia carriera da calciatore rispecchia quelle che erano le mie potenzialità. Non ero da Inter, ma da Serie A sì. Mi sono tolto tante soddisfazioni giocando in club importanti come Udinese e Atalanta. Zero rimpianti, sono orgoglioso di tutto”). Il resto della sua carriera si divise tra Ancona, Udine, ma soprattutto Bergamo. All’Atalanta divenne infatti un a idolo dei tifosi, collezionando quasi 100 presenze tra il 1991 e il 1995. Chiuse la carriera in Eccellenza nel 2003.