Il tempo è galantuomo, si dice. Eppure non sempre questi proverbi colgono nel fondo l’essenza delle vicende umane e sportive. Così accade che grandi giocatori, amatissimi dai propri tifosi e temuti da quelli avversari, per una congiura di sfortunate circostanze, si ritrovino, a pochi anni dal ritiro, se non dimenticati, almeno ricacciati in un cono d’ombra, per venirne fuori solo ogni tanto. È di questi giocatori che vorremmo parlare. Cominciando da Giancarlo Pasinato. Visse la parte migliore della carriera con la maglia dell’Inter, dopo avere impressionato con quella dell’Ascoli. Ai tempi di Altobelli e Beccalossi, di Bordon e di Oriali e di Bini.
Con Bersellini allenatore, conquistò il dodicesimo scudetto dell’Inter, all’esito del campionato 1979-‘80 e la Coppa Italia del 1982. Quando, per un errore di valutazione della dirigenza, venne, assieme a Canuti e Serena, scambiato con Collovati, finendo al Milan retrocesso, per la seconda volta, in serie B.
Tornò l’anno dopo all’Inter e ci rimase sino al 1985, quando la sua storia nerazzurra si concluse dopo 185 presenze e 11 gol. Ma chi era il calciatore Pasinato? Veneto di Cittadella, Pasinato nasce nel 1956. Fisico massiccio, 1,82 m per 80 kg di muscoli, che, a metà degli anni ’70, ne fanno un autentico colosso, gioca a centrocampo. Spesso con la maglia numero quattro. Un mediano, ma non soltanto un corridore ed un incontrista.
Pasinato possiede una violenta accelerazione, che gli permette di sbarazzarsi degli avversari una volta distesa l’ampia falcata. Ara il campo 20 anni prima che inizi a farlo Zanetti. Con la differenza che, arrivato sul fondo, gioca a destra e spesso sembra un’ala, i suoi cross sono precisi e calibrati, a tutto vantaggio di Altobelli e di Muraro.
Lo chiamano carro armato. E così debbono percepirlo gli avversari. Bearzot non lo vede, tetragono nella difesa del suo gruppo, e la mancata ribalta della nazionale svolgerà un ruolo decisivo nella dimenticanza che colpirà Pasinato a fine carriera. Eppure Pasinato è una forza della natura. Le sue cavalcate, divenute proverbiali, sono amatissime dai tifosi nerazzurri. Come questa.
Ribalta il fronte da solo, cinquanta, sessanta metri palla al piede, senza che gli avversari riescano a fermarlo, ad atterrarlo. Possanza e velocità, progressione e sapiente conduzione del pallone. Uno degli eroi del coast to coast. Brera lo soprannominò Gondrand, come l’omonima ditta di trasporti. Noi provochiamo così: il miglior Pasinato è stato più forte del miglior Zanetti. Agli scettici segnaliamo le molte immagini di repertorio, che potrebbero e potranno confermarlo.