“Io sono Chamaco!”
Set 14, 2024

Si gioca il duello tra Universidad de Chile e Palestino per le semifinali di Copa Chile, ma oltre alla partita c’è un altro momento in cui tutti hanno rivolto l’attenzione.

Il momento in cui David Pizarro e Isaac Díaz corrono verso un angolo dello Stadio Nazionale, proprio nel settore che ricorda i detenuti scomparsi dalla dittatura. Lì i giocatori in maglia blu lasciano alcuni mazzi di fiori in un gesto carico di ricordo e di valore.

La più grande roccaforte sportiva del Paese è stata un centro di detenzione e tortura durante la dittatura di Pinochet, ma tra le migliaia di storie che si ricordano, ce n’è una che ha a che fare, appunto, con l’arcinemico della U: il Colo Colo.

Le panchine in legno di allora, conservate per preservare la memoria

In questa storia i protagonisti sono lo storico Francisco Chamaco Valdés, nazionale dal 1962, e Hugo Lepe, quest’ultimo, detenuto dalla dittatura.

Nato nella U, dopo aver lasciato il calcio, ha lavorato come architetto al Ministero dei Lavori Pubblici ed è stato iscritto al Partito Socialista. Dopo il colpo di stato, Lepe trascorse alcuni giorni allo Stadio Nazionale e non giocò più in campo come prima, ma sugli spalti insieme a migliaia di altri cileni arrestati dopo la fine del governo di Salvador Allende.

Hugo Lepe con la maglia del Cile

Come spiegato nel libro Leyenda hay una sola: la historia de Colo Colo 73, Lepe è stato liberato dallo storico giocatore. Un giorno “Chamaco” arrivò al Nacional e liberò il suo amico e altri calciatori meno conosciuti dalle mani dei golpisti.

Nel libro di Axel Pickett, “Chamaco” non ha paura e quando si tratta di salvare il suo compagno la sua voce non trema quando dice ai suoi amici: “Nessuno mi toccherà, io sono ‘Chamaco’ Valdés”. Infatti, l’autore nel suo libro assicura che l’idolo del Colo Colo “ha chiesto di parlare con il comandante” e loro lo hanno trattato bene.

Mondiali del 1974, DDR.Cile 1-1. Scena di gioco turbolenta davanti alla porta del Cile. Il 19enne Martin Hoffmann (al centro della foto) crossa in area di rigore. A sinistra con il numero 14 Jürgen Sparwasser. Sullo sfondo a destra Bernd Bransch. Con l’8 a destra, Francisco Valdés

Leonardo Véliz ricorda il gesto di Valdés e ha rivelato a La Tercera che “Chamaco non era quel giocatore che alzava la voce, aveva una leadership molto più tranquilla. Ha parlato in campo, con la palla (…) E in termini politici, inoltre, è stato molto trasversale e questo gli ha permesso di arrivare facilmente ai vertici. Come quando arrivò allo Stadio Nazionale per cercare di liberare due suoi ex compagni di squadra, Hugo Lepe e Mario Moreno. ‘Chamaco’ aveva quel carisma, che ha sviluppato poco a poco e in modo molto silenzioso”.

Inoltre il libro racconta anche altri momenti del “Chamaco” di quegli anni. Ai tempi del mercato nero, il giocatore macellava gli animali per poi rivenderli alle macellerie o anche come il giorno del bombardamento della Moneda dove dopo l’attentato girava per il palazzo presidenziale bruciato, preoccupato per alcune carte che aveva firmato con Allende.

Mario Bocchio

– continua –

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