L’11 settembre 1973 era previsto l’allenamento della squadra cilena. Dovevano giocare i playoff contro l’URSS per qualificarsi ai Mondiali del 1974. Quel giorno tutto cambiò. Pinochet rovesciò il governo di Salvador Allende e lo Stadio Nazionale divenne un campo di detenzione, tortura e sterminio. Dopo 45 anni, nel 2018, David Pizarro e Isaac Díaz, giocatori dell’ Universidad de Chile trotterellavano con fiori e in silenzio verso quel monumento fatto di ferro e assi che ricorda l’orrore, sotto il motto “Non dimentichiamo”.
L’11 settembre 1973, un colpo di stato promosso dal generale Augusto Pinochet, con il sostegno degli Stati Uniti, rovesciò il governo democratico di Salvador Allende in Cile. Dal 1970, il socialismo era riuscito a rompere il sistema bipartitico proponendo riforme radicali che gli erano valse l’inimicizia delle grandi multinazionali, dell’oligarchia cilena e dei media.
Paradossalmente, quello stesso 11 settembre, la squadra di calcio dovette presentarsi per allenarsi per la prima partita contro l’Unione Sovietica nei playoff di qualificazione alla Coppa del Mondo del 1974. Molti dei giocatori di quella squadra erano dichiarati sostenitori di Allende e temevano per la propria vita e per quella dei loro parenti. La dittatura non si sarebbe lasciata sfuggire un’occasione del genere per ridurre il clima di conflitto sociale e tutto portò a un’imbarazzante seconda partita a Santiago, due mesi dopo, nella quale un gruppo di calciatori cileni avanzò dal centro del campo di gioco verso una porta disabitata. L’URSS aveva deciso di rinunciare all’incontro respingendo il colpo di stato militare e denunciando che lo stesso Stadio Nazionale, teatro dell’imbarazzo, era stato utilizzato come campo di detenzione, tortura e sterminio.
Attualmente, questo stesso stadio in cui La Roja gioca ogni partita di qualificazione, conserva una parte delle tribune così come apparivano allora: una struttura di ferro e assi di legno. È lì conservato come simbolo del ricordo di quei giorni in cui lo Stadio Nazionale era macchiato di sangue nei corridoi e negli spogliatoi. Documenti filmati e fotografici mostrano come i detenuti trascorrevano le loro giornate tra le assi in attesa di sapere quale sarebbe stato il loro destino. “Il gioco della vergogna” fu lo spettacolo finale di quei primi giorni di terrore appena iniziati.
Verso quel Memoriale dei Detenuti Scomparsi, fatto di ferro e assi, David Pizarro e Isaac Díaz trottarono ancora una volta. Prima della partita contro il Palestino, entrambi i giocatori della U hanno rifatto il percorso opposto a quello di quei giocatori che, per paura, hanno segnato il peggior gol della storia del Paese. Con i rami in mano si avvicinarono al monumento che portava la scritta “Non dimentichiamo”.
Tra gli stessi applausi, questa volta lo Stadio Nazionale ha festeggiato una corsa solitaria di due giocatori. Questa volta si è trattato di continuare a pagare per la Memoria che, a 51 anni dall’ultimo colpo di stato militare in Cile, continua a combattere la partita della Storia contro l’oblio.
Mario Bocchio
– continua –