Arrivò al Milan nel 1992, con in valigia un Pallone d’oro conquistato dopo l’ultima trionfale stagione al Marsiglia, dove aveva vinto 4 campionati di fila segnando valanghe di gol, 134 in 215 gare giocate. Jean Pierre Papin fu la scelta dei rossoneri per affiancare prima e provare a dimenticare poi Van Basten, bloccato dai problemi alla caviglia, e per due anni ha vinto e segnato anche col Milan. Il bomber francese però ha dovuto lottare anche contro una vecchia etichetta che lo seguiva dai tempi in Ligue 1 quando, nel suo primo periodo a Marsiglia addirittura le sue iniziali erano divenute l’acronimo di “J’en peux plus”, ovvero “non ce la faccio più”.
Tanti ne segnava ma troppi ne sprecava. Per il Milan però fu un buon investimento: 14 miliardi ma anche grazie a lui vinti due scudetti, due Supercoppe italiane ed una Champions League. A Canal+ Papin ha ricordato: “Un sogno il Milan. Certo, lasciare Marsiglia non è stato facile. Lo sport è così un giorno sei in alto, il giorno dopo sei giù. Io volevo intraprendere un’altra sfida. Al microfono davanti a quarantamila persone ho dovuto annunciare che partivo per un club nemico. Ho un ricordo incredibile di quel giorno. Ma andavo a giocare con la squadra che era in quel momento più forte. In particolar modo andavo a giocare con Marco van Basten, con cui non vedevo l’ora di provare l’intesa. Poi Marco si è infortunato, ha giocato poco, abbiamo fatto soltanto un paio di partite di campionato all’inizio e una partita di Uefa. Non avrei dovuto lasciare il Milan ma eravamo in sei, avevano bisogno di tre. A me è rimasto di avere vissuto, seppur per due sole stagioni, un sogno. E in questo sogno aver vinto tutto”. La sua prima stagione in rossonero fu molto sfortunata, visto che riuscì a scendere in campo soltanto 22 volte, realizzando comunque ben 13 gol. L’anno seguente arrivò la sua rivincita personale, con la Champions League vinta nella finale contro il Barcellona, anche se non scese in campo. Anche in questo caso gli infortuni bloccarono la sua stagione che si concluse con 18 presenze e 5 gol che convinsero il Milan a cederlo al Bayern Monaco, società con la quale riuscì a vincere la Coppa Uefa 1995-‘96. A 37 anni ha lasciato il mondo del calcio per dedicarsi interamente alle terapie di recupero di sua figlia Emily nata con la tetraparesi: “Il mio sogno è vederla sorridere”, raccontò il calciatore in una intervista rilasciata a Paris Match per poi spiegare in una intervista al Corriere della Sera: “I risultati sono stati subito incoraggianti, dopo sei mesi abbiamo capito che la situazione era in lentissima evoluzione. Ora è in grado di percorrere cinque chilometri al giorno, in parte anche di corsa. Può ricevere ordini semplici; riesce a essere parzialmente autonoma nell’ arco della giornata. Prima non si reggeva in piedi, oggi cammina e corre senza problemi”.
Nel frattempo, grazie all’ impulso dato da Papin, è nata anche in Francia un’ associazione, 9 de coeur, che si preoccupa di indirizzare i genitori dei bambini affetti da questo tipo di lesione cerebrale. Inizia la carriera da allenatore in Francia, nel 2009 guida lo Châteauroux, club della Ligue 2, che porta alla salvezza per poi abbandonare l’incarico.
È rispettoso delle regole, Papin. Disciplinato. “Occorre rigore, sempre, rigore tutti i giorni”. Proprio come ha fatto con Emily. Di fatto, è una ricerca a dare il massimo, a fare bene, a unire, piuttosto che dividere e a Storie di sport dice.
“Solo se sono allenatore amo prendere io le decisioni, tutte le decisioni. Ad esempio con il Châteauroux ho scelto chi ingaggiare, chi far entrare in campo, non ho voluto interferenze con la dirigenza del club”. Papin è stato anche commentatore per BeIn Sport ma il Milan lo porta sempre nel cuore e un giocatore su tutti: “Paolo Maldini. Lui dava il 200% in allenamento e il 200% in partita. E questo conta, come giocatore, come uomo”.