Tra il 1960 e il 1964 Angelo Domenghini giocò un totale di 69 partite con la maglia dell’Atalanta e realizzò 17 gol. Non aveva fatto una preparazione nel settore giovanile, non aveva avuto un percorso da calciatore, eppure chi ha avuto al fortuna di averlo visto giocare lo racconta come uno degli interpreti più forti mai visti in quella zona di campo.
A Bergamo guadagnava circa un milione di lire. Il suo contributo alla squadra fu in quegli anni molto importante e nonostante le belle vittorie ottenute anche in campionato (l’Atalanta di quegli anni riuscì a vincere in casa della Juventus e dell’Inter, qualcosa di sensazionale se pensiamo alla realtà di una provinciale rispetto alle grandi squadre), il punto più alto venne toccato proprio in occasione della finale della Coppa Italia vinta a San Siro.
«Successe una cosa grossa – ha ricordato Domenghini – battemmo il Torino per 3-1 e io realizzai una tripletta». Il dettaglio, per tutti i tifosi nerazzurri, riguarda il fatto che un’impresa simile sarebbe riuscita nella storia solo al romanista Giuseppe Giannini molti anni più tardi.
La storia di Domenghini a Bergamo si concluse nell’estate del 1964. La Grande Inter di Helenio Herrera lo cercò. Angelo si comprò subito la macchina nuova e iniziò un’avventura che gli permise di conquistare lo scudetto già al primo anno e poi la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale. Con la maglia del Biscione, segnò 50 reti in 134 partite giocando da attaccante esterno. Quel periodo rappresentò il punto più alto della sua carriera. Successivamente le gesta del “Domingo” vennero ammirate anche dai tifosi di Cagliari (dove vinse lo storico scudetto insieme a Gigi Riva), Roma, Verona, Foggia, Olbia e Trento.
Complessivamente sono 349 le partite giocate da Domenghini con ben 93 gol realizzati, cui vanno aggiunte 33 gare con la Nazionale, impreziosite da 7 gol: il titolo Europeo del 1968 e il secondo posto ai Mondiali del Messico nel 1970 rappresentano la storia in maglia azzurra di un campione nato e cresciuto a Bergamo e poi partito alla conquista del mondo.
Che fine ha fatto Domenghini?
Dal 1977 iniziò la sua carriera di allenatore: Olbia, Asti, Derthona, Torres, Sambenedettese, Novara e Battipagliese furono le sue squadre ma dagli inizi degli anni ’90 ad oggi la vita di quel giocatore portentoso che è stato si è trasformata nella tranquilla pensione di chi si è diviso per molto tempo tra il ruolo di osservatore (per l’Inter) e la famiglia.
Oggi Domenghini non ha più incarichi di scouting e il suo presente è all’insegna della tranquillità. «Mi divido – ha confessato – tra i miei quattro nipoti e l’orto in Sardegna. Vivo a Lallio ed ho una casa a Liscia di Vacca, a cento metri dal mare. Lì coltivo l’orto come faceva mio padre e aspetto i miei figli Laura e Davide. Il maschio vive a Londra, sono un nonno felice e mi godo la mia tranquillità».
Proprio a Tortona ebbe ragione Mister Domenghini a proposito di Rocco Pagano, giunto tra i Leoncelli dopo essere stato incompreso ad Alessandria. “Domingo” credette in lui, dandogli un ruolo nuovo e ben preciso: prima giocava a centrocampo, venne impostato sulla linea, con il compito di agire larghissimo.
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