L’estate del 1997 va ricordata senz’altro per tre o quattro grossi avvenimenti: il Regno Unito restituisce alla Cina la sovranità su Hong Kong; lo stilista Gianni Versace assassinato davanti alla porta di casa a Miami Beach; Lady Diana Spencer vittima a Parigi di un incidente automobilistico sotto il Pont de l’Alma con il compagno Dodi Al-Fayed; un americano (Larry Page) e un russo (Sergey Brin) che danno alla luce Google.
In Italia si fischietta “La regola dell’amico” degli 883 e impazza il tormentone “Barbie girl” dei nordici Aqua. Venezia premia Stanley Kubrick con il Leone d’Oro alla carriera e in spiaggia, invece, non si parla che di una roba: l’Inter ha preso Ronaldo. I giornali sportivi gongolano: “L’ambizioso presidente Moratti ha firmato un assegno da 51 miliardi di lire strappando al Barcellona il più forte calciatore del mondo”.
Insieme al Fenomeno arrivano alla corte di Gigi Simoni l’estroverso difensore nigeriano Taribo West, l’argentino Diego Simeone, la promessa d’Uruguay Alvaro Recoba, il francese Benoit Cauet, il brasiliano Zé Elias e per un miserabile milione (500 euro!) il 28enne salentino riccioluto Francesco Moriero, Checco per gli amici, una delle migliori ali destre in circolazione (non si chiamavano ancora esterni, ma tornanti, semmai).
Moriero, l’uomo da un milione… di lire. Possibile?
“Dunque, qualche giorno prima il Milan mi prelevò dalla Roma a parametro zero e con i rossoneri avevo firmato un triennale. A Galliani, però, piaceva parecchio un difensore che si era già accordato con l’Inter, André Cruz, e di contro anch’io ero molto corteggiato dai nerazzurri. Così, sebbene piacessi a Capello, trovarono un compromesso: andai in prestito per un milione (il minimo consentito dalle carte federali, ndr) e tutti felici e contenti”.
Non proprio tutti… Per una volta il pacco se lo presero loro (13 partite in un campionato e mezzo per “il nuovo Baresi”). Zeman stesso, che era diventato l’allenatore della Roma, dovette mordersi le mani.
“E’ vero, il ‘maestro’ voleva fortemente che restassi nella Capitale, mi vedeva perfetto per il suo gioco iper-offensivo. Ma la mia esperienza con i giallorossi si era consumata”.
Come fu l’impatto con lo spogliatoio interista?
“Ricordo Zanetti: era qualcosa di impressionante. Pensavo: non potrò mai giocare finché avrò davanti questa forza della natura. Per fortuna accettò di fare il terzino e qualche partita la giocai anch’io…”
E Ronaldo?
“Con lui s’instaurò subito un rapporto speciale, forse perché venivamo entrambi dalla strada, da famiglie umili. Inoltre abitavamo nello stesso palazzo e tornavamo spesso a casa insieme dallo stadio o a fine allenamento. Era giovanissimo, se faceva una cavolata ogni tanto lo riprendevo, ma era talmente simpatico che gli perdonavi tutto”.
Anche dei mille dvd che non le hai mai restituito. E con West, il simpatico predicatore con le treccine multicolor che la chiamava “terrone”? Proprio lui…
“Gli frullava questa idea in testa di voler diventare un pastore, e noi lo assecondavamo… Io e Ronie non potevamo guardarci in faccia un secondo, quante risate con i sermoni di Taribo”.
Arriva l’ora X. E’ il 31 agosto, prima giornata di campionato: Inter-Brescia. Il Meazza ribolle per Ronaldo. Ma…
“Succede che andiamo in svantaggio e di tempo ne rimane poco. Simoni prova l’ultima carta: Recoba. Che entra e in 5 minuti spara in porta due proiettili dei suoi e vinciamo 2-1. Lì nacque il mio siparietto dello sciuscià”
Sacrilegio! Non lucidò prima gli scarpini di Ronaldo?
“Lo confesso, il primo ‘cliente’ fu il Chino”.
Checco comincia la sua ascesa. Gol decisivo alla Fiorentina, rovesciata-capolavoro con il Neuchâtel e doppietta al Lione che vale il passaggio agli ottavi di Coppa Uefa. E poi il superbo slalom di Piacenza, che neanche Alberto Tomba.
“Simoni aveva già chiesto a Cauet di spogliarsi, non aveva fatto altro che urlarmi ‘passa la palla, passa la palla!’ (frase che darà presto il titolo al suo libro, ndr). A un attimo esatto dalla sostituzione prendo il pallone, scarto mezzo Piacenza e segno. Non oso immaginare cosa mi avrebbe detto il mister se poi non avessimo vinto con quel gol”.
Arriva la primavera, siete in corsa per lo scudetto, in finale di coppa e a giugno ci sono i Mondiali francesi (dove risulterà tra i protagonisti). L’antipasto al big match Juve-Inter è l’amichevole con il Paraguay, a Parma. Altro gol in forbice e ciliegina con pennellata da 35 metri al povero Chilavert.
“Quella sera mi giocavo la convocazione al Mondiale, diedi l’anima ed ebbi pure la giusta dose di fortuna. Ma domenica a Torino arrivai scarico”.
In quella Juve c’era Antonio Conte, di cui lei è grande amico.
“Siamo cresciuti insieme, a Lecce, è un fratello per me”.
A proposito, sdrammatizziamo, c’era il fallo di Iuliano su Ronaldo?
“Ma sono cose da chiedere? Netto!”
Pardon, riprendiamo il racconto. La Juve approfitta – diciamo così – dell’abbaglio di Ceccarini e vola verso lo scudetto. Ma il 6 maggio, nella finale unica di Parigi, schiantate la Lazio 3-0 (reti di Zamorano, Zanetti, Ronaldo) e regalate a Moratti il suo primo trofeo da presidente.
“Serata magica, sebbene io non partii titolare. Però che assist a Ronie, ero appena entrato! La notte festeggiammo col presidente, una persona generosa, eccezionale, che ci ha sempre sostenuto”.
Lo sente ancora?
“Ci siamo rivisti per il centenario e ci sentiamo per gli auguri di Natale. Anche a lui è rimasto un bel ricordo di quel gruppo, con noi si divertiva”.