La seconda partita dei Mondiali del 1990 in Italia fu già da dentro o fuori per l’Argentina di Bilardo, che aveva appena perso contro il Camerun all’esordio. A 34 anni da quell’incontro, Olarticoechea – giocatore fondamentale di quella squadra – ricorda lo sfortunato scontro con il portiere argentino e la seconda volta in cui Diego ha ingannato tutti con una mano.
“Era una finale. Se perdevamo, eravamo fuori. Anche se avessimo pareggiato”. Esordisce così Vasco Julio Olarticoechea ricordando il duello contro l’Unione Sovietica nella fase a gironi dei Mondiali del 1990. L’Argentina aveva appena perso contro il Camerun nella prima partita e le cose non stavano andando bene, stavano diventando complicate per quelli di Carlos Bilardo.
Pumpido nel River Plate (a sinistra) e nella Selección
Quella notte, nel mitico e maradoniano stadio San Paolo, viene ricordata per tre cose: per essere stata il primo segnale di ribellione sportiva da parte di una Nazionale che aveva iniziato con il piede sinistro il Mondiale in Italia, per l’infortunio dell’amato Il portiere argentino Nery Pumpido e per la seconda Mano de Dios.
Vasco è stato proprio protagonista di due di quelle tre situazioni. Fu uno dei leader sportivi di quella squadra, con una prestazione superba contro i sovietici e, inoltre, fu lui ad avere la sfortuna di scontrarsi con Pumpido, il suo compagno di squadra, al 12′ del primo tempo, costringendolo a fratturarsi la tibia e il perone.
“Quella partita è stata una delle migliori che ho giocato, insieme con il centrale Pedro Troglio. Ma purtroppo lo scontro con Pumpido viene ricordato molto perché è stato un momento molto angosciante. Oltretutto Nery era il mio compagno di squadra, quindi rimanevo solo a pensare ogni notte al povero Nery e a come l’avevo buttato fuori dal Mondiale” ha continua a rimuginare Olarticoechea.
Le squadre non si erano ancora calmate dopo le fiammate iniziali, quando un cross basso fa uscire Pumpido e Vasco non riesce a fermarsi in tempo per colpire in pieno la gamba destra del portiere. La faccia di Diego Armando Maradona e i gesti di Troglio che chiedeva la barella dicevano tutto: angosciante, come ha raccontato Vasco.
Ma ci fu il riscatto per Olarticoechea. Al 23′ del primo tempo, dopo un calcio d’angolo fallito, il centrocampista della squadra argentina ha colpito una palla come i migliori, è andato alto e con un sinistro preciso ha messo un cross per Troglio, che ha colpito di testa tra due difensori rivali e ha messo l’1-0 per l’Albiceleste. Poi è arrivato il secondo gol, al 34′ della ripresa, sui piedi di Jorge Burruchaga, dopo un grossolano errore difensivo dei sovietici, che diedero palla al calciatore argentino.
Al di là dei gol e dell’infortunio di Pumpido, quella partita racchiude un altro momento speciale, uno di quelli che restano nel baule dei ricordi maradoniani. Con Sergio Goycochea già entrato come portiere di riserva, un cross sovietico e un colpo di testa verso il primo palo sembravano destinati alla rete, ma Maradona allunga un po’ il braccio destro e impedisce alla palla di entrare. “Continuate così, continuate così”, ha detto l’arbitro svedese Erik Fredriksson, nonostante le proteste dei rivali.
“In quella commedia ero coperto e non ho notato la mano. Ma più tardi, quando l’abbiamo vista in video, abbiamo capito che era una mano. Era l’altra mano di Dio. Non so se Goyco ci potesse arrivare, era sdraiato a sinistra, quasi al centro della porta. Era proprio l’altra mano di Dio”, ripete Vasco, con un’intonazione che sembra rivelare un sorriso di chi ricorda uno scherzo.
Lo svedese Fredriksson fischia la fine e l’Argentina rialza la testa con il 2-0. Vittoria sì, ma una sensazione agrodolce, perché Nery è fuori dal Mondiale e la squadra ha dovuto imparare a conviverci in fretta, visto che un Mondiale non dà tempo per niente. “Lo abbiamo vissuto con molta ansia, ma lo spettacolo è continuato. Il Mondiale era appena iniziato e non ti dà il tempo di pensare. Lo abbiamo sofferto sul momento e il giorno dopo, ma poi devi concentrarti su ogni rivale che arriva e non puoi uscire dall’asse di concentrazione”, spiega ancora oggi Olarticoechea.
Fortunatamente, quella squadra era unita. E tra coloro che ebbero il compito di allentare la tensione fu José Luis Brown – escluso dalla lista ma rimasto con la squadra in Italia – che, secondo la rivista El Gráfico pubblicata dopo la successiva partita contro la Romania, provò a mettere umorismo nella situazione vedendo Pumpido ritornare alla concentrazione con la gamba ingessata: “L’ho fatto, l’ho fatto, ragazzi. È stato difficile per me ma ce l’ho fatta. Ho litigato e ho vinto”.
Tra le risate, nella stessa intervista, lo stesso Pumpido sottolineò l’importanza dei suoi compagni nel superare quel momento avverso: “Non ho altro che gratitudine per i ragazzi. Sono fenomeni. Si sono comportati alla grande. Brown e sua moglie hanno trascorso la prima notte ai piedi del letto. Anche il dottor Madero. Non si è mosso un secondo. Certo, poi è arrivata Claudia Maradona che, da buona napoletana, era disposta a tutto. I ragazzi sono venuti dopo l’Unione Sovietica e mi hanno fatto la cosa più bella che mi sia mai capitata. Non mi sono mai sentito così amato. E il povero Vasco Olarticoechea era disperato”.
L’Unione Sovietica è rimasta indietro. Davanti, la Romania aspettava la qualificazione, cosa che i Narigón riusciranno a tenere testa con determinazione e cuore fino alla finale, quando il messicano Edgardo Codesal disse basta. Per Olarticoechea, quella grinta e quel cuore sono stati ciò che ha reso quella squadra argentina della Coppa del Mondo una delle squadre più ricordate e amate dalla gente, nonostante alla fine non ce l’abbia fatta a diventare campione.
“È stato un Mondiale con tanti problemi per noi. Non era come nell’86, quando arrivammo tutti bene tranne Passarella che non poteva giocare. Abbiamo avuto infortuni, cartellini gialli, rossi, accumulo di cartellini, basse prestazioni… Così siamo finiti in finale con quattro giocatori in meno per la partita più importante. Restiamo nella memoria della gente per l’inno, la reazione di Diego, i rigori di Goyco… È stato un Mondiale molto emozionante nonostante ciò abbiamo giocato belle partite e altre meno buone Anche così, raggiungere la finale non è affatto facile nella partita con il Brasile, ma poi siamo stati molto competitivi e abbiamo eliminato due candidati come loro e l’Italia, contro la quale abbiamo vinto. La migliore partita a livello generale. Eliminare quelle due squadre è stato molto motivante per la gente e li ha aiutati ad affezionarsi a noi, oltre il gioco”, ricorda in chiusura l’ex giocatore del Racing, del River e del Boca.
Mario Bocchio
Le parole liberamente attribuite a Olarticoechea sono state ricostruite attraverso libri, interviste e altre fonti storiche, e sono tutte ispirate a fatti realmente accaduti