Il giorno di gloria di Zdeněk Nehoda resterà per sempre impresso sulla sua zucca. Era il 20 giugno 1976. Quella sera Zdeněk e i compagni della nazionale cecoslovacca batterono la Germania Ovest nella finale degli Europei ai rigori. Panenka inventa un gesto, il cosiddetto “cucchiaio”, e proietta il suo Paese sul tetto del calcio europeo. È nato un duo di artisti: Panenka il baffuto e Nehoda, l’altro baffuto. Entrambi stanno guadagnando terreno a livello internazionale. Il massimo per un giocatore dell’Est che può ancora correre per fare carriera in Ovest.
Zdeněk Nehoda nel Dukla Praga
Nehoda non ha avuto fortuna. È nato il 9 maggio 1952 a Hulín. È come Oullins, ma nella Repubblica socialista. Un po’ di delusione per l’attaccante baffuto che lega inevitabilmente la sua carriera a un club. Una sorta di contratto a vita nell’era del comunismo d’epoca che vieta qualsiasi partenza per l’Occidente prima dei 30 anni. Basti dire un’eternità per Nehoda che si consolerà con incontri internazionali per parlare un po’ di sé. Zdeněk condusse una vita normale al Dukla Praga (1971-‘83), dove le sue imprese non brillarono oltre la cortina di ferro. Qualche turno di Coppa dei Campioni qua e là. Poco per un giocatore che impone il suo stile – baffi e capelli sulle basette – a livello nazionale.
Con la maglia della Cecoslovacchia
Tre scudetti (1977, ‘79 e 82) e due coppe (1981 e ‘83). Ebbene, comincia a pesare sui pantaloncini con una medaglia a Euro ’80 (3°) e la partecipazione ai Mondiali dell’82 come bonus. 90 selezioni sull’orologio per stabilire la reputazione. Zdeněk, però, non ha evitato di abbandonare la strada quando la Federaione gli ha concesso il visto per l’Occidente. L’incidente – la traduzione del suo cognome – ovviamente ci prova.
Nehoda va in Germania al Darmstadt 98, come il numero di gol subiti a stagione. Piano perduto e malinconia slava. L’attaccante non trova i suoi segni e sembra in partenza per lo Standard Liegi. Lo stiamo ancora cercando lì. Nehoda posa finalmente le valigie a Grenoble dove rincorre un posto da ingegnere ma soprattutto una squadra di calcio. Dopotutto è il suo lavoro. Un biennio prima di concludere la carriera poco prima dell’età pensionabile per un calciatore di allora.
Mario Bocchio