Da meccanico provetto quand’era bimbo a ingegnere del centrocampo. Herbert Prohaska aveva la passione delle auto da piccolo, riparava carburatori e aggiustava vetture ma il suo destino era un altro.
Lo scoprì presto, quando l’istinto lo spinse dalle macchina al pallone. La sua carriera decollò all’Austria Vienna, che lo vedrà protagonista sia come calciatore che come allenatore. Con la squadra dalla maglia violetta ottenne diversi successi sportivi quali 7 titoli di campione d’Austria, 4 Coppe d’Austria ma i galloni di giocatore internazionale se l’è guadagnati in Italia. Fu lui il primo straniero a venire in serie A dopo la riapertura delle frontiere, nel 1980. Lo prese l’Inter di Bersellini che aveva lasciato cadere l’anno prima l’opzione su Platini, Prohaska era seguito anche dal Milan e piaceva molto al Rivera dirigente ma passò al club di Fraizzoli: un miliardo di lire all’Austria Vienna e 200 milioni a stagione al giocatore. Rimase in nerazzurro per due stagioni, vinse col Biscione la Coppa Italia. Fu poi “sacrificato” dai nerazzurri perché decisero di ingaggiare Hansi Müller e Juary consentendo così alla Roma di poterlo tesserare e con lui vinse lo scudetto. Ad Herbert Prohaska fu attribuito il celebre soprannominato Schneckerl (lumachina, in dialetto viennese) sia per il gioco trotterellante che aveva colpito il popolo giallorosso, sia per la sua capigliatura, capelli lunghi e mossi.
Alla Gazzetta rivelò: “Quando nel 1980 mi contattarono, l’offerta migliore era quella del Bologna, ma mi pressava anche il Milan. Non solo. Il mio amico Krankl mi telefonava per farmi andare al Barcellona, ma io scelsi l’Inter, anche se dopo due anni mi cedettero per Hansi Müller, che però arrivò già rotto. A Roma però sono stato felice, tant’è vero che quando presero Cerezo al mio posto per me fu una tragedia. Pensavo già di chiudere la carriera in giallorosso e cominciare ad allenare dalle giovanili. Viola poi mi disse che era stato il suo più grane errore. A quel punto fui vicino ad andare al Torino, dove giocava il mio amico Schachner, ma ero così deluso che preferii tornare a Vienna”.
Finito il calcio giocato ha iniziato la sua carriera di allenatore proprio con la sua squadra di Vienna, come detto, e dopo una parentesi di un anno come Ct della Nazionale austriaca Under 21, guidò per sei stagioni la Nazionale maggiore ottenendo, come migliore risultato, la vittoria del girone di qualificazione ai Mondiali di Francia ’98.
Nel 2003, in occasione dei 50 anni di fondazione della UEFA, fu nominato dalla ÖFB Golden Player come più forte giocatore austriaco degli ultimi 50 anni. Nel 2004 fu votato come calciatore austriaco del secolo. Oggi Herbert Prohaska è un seguitissimo commentatore televisivo presso la ORF (la Rai austriaca), collaboratore del quotidiano Kronen Zeitung e grande appassionato di musica e si esibisce con la band The Real Holy Boys in qualità di lead vocal con la particolarità di aver inserito nel suo repertorio di cover di brani pop e rock, un omaggio al “nostro” Rino Gaetano con la sua “Gianna”.
Lui stesso ammette: “È vero. Certo, sono solo un dilettante, ma abbiamo anche inciso un cd con canzoni in tedesco, inglese e anche italiano. Lo sa che cantiamo anche ‘Gianna’ di Rino Gaetano? La vostra musica mi è sempre piaciuta parecchio. Quando giocavo nell’Inter, una sera a Milano ero andato in una trattoria insieme a mia moglie quando vediamo che in uno dei tavoli vicino al nostro c’era proprio Celentano. Volevo alzarmi per andare a salutarlo e farmi fare un autografo, ma Elisabeth mi gelò: ‘Che fai? Non puoi andare a disturbarlo, sta mangiando, non è educato fare così’. Io a malincuore mi convinsi e continuai la cena come se niente fosse quando all’improvviso alzai lo sguardo e vidi che Celentano era venuto al mio tavolo e mi disse: ‘Scusi Prohaska, sono un tifoso dell’Inter, mi farebbe un autografo per favore?’”.