Aldo Maldera ha incantato i più importanti palcoscenici calcistici del “suo” tempo. Terzino sinistro dalle movenze felpate, a tratti sontuose, elegante e potente quanto bastava, è stato uno dei precursori più importanti e “creativi” del suo ruolo. Di lui ha tracciato un bel ricordo Claudio D’Aleo con l’articolo intitolato “Il terzino che seppe inventarsi due volte”. Nato a Milano il 14 ottobre del 1953 era alto 180 cm. e pesava 73 kg. Ha giocato nel Milan dal 1971 al 1972 (1 presenza, nessun gol). Poi, dopo una breve parentesi nel Bologna, dal 1972 al 1973 (3 presenze, zero gol), è tornato al Milan dove ha giocato ininterrottamente dal 1973 al 1982 (227 presenze, 30 gol) per poi continuare nella Roma (73 presenze, 6 gol) e chiudere la carriera alla Fiorentina (dal 1985 al 1987, 18 presenze, zero gol).
Maldera nella Roma
Aldo ha vinto due scudetti. Il primo, quello delle mitica “Stella”, al Milan nel 1978-’79 (in quell’anno realizzò pure 9 go)l. Il secondo a Roma, in giallorosso, nel campionato 1982-’83. Tre le Coppe Italia nel suo palmares. Due con il Milan (1971-’72 e 1976-’77) e una coi giallorossi (1983-’84).In Nazionale, “chiuso” da Antonio Cabrini, Maldera ha giocato dal 1976 al 1979 collezionando 10 presenze senza alcun gol. Il milanista è stato un grande terzino sinistro. Il “problema” per lui, l’unico, fu Antonio Cabrini. Troppo forte lo juventino in quel momento. Bearzot vedeva solo Cabrini.
I fatti gli diedero ben presto ragione. Tatticamente il “bell’Antonio” si incastonava a meraviglia negli schemi e nelle idee del grande Ct campione del mondo nel 1982. Maldera è morto a Roma il 1 agosto del 2012 a soli 58 anni a causa di un male incurabile. Ha lasciato in tutti gli sportivi, milanisti e non, tracce inalienabili ed evidenti delle sue “gesta” e della sua proverbiale umanità.
Schivo e compassato, “leader” educato in campo e fuori, Aldo Maldera III (detto così perché fratello minore di Luigi e Attilio) ha sempre entusiasmato la gente non solo per le spiccate doti caratteriali (umile, educato e riservato come pochi) ma anche per una classe innata divenuta “cristallina” nel corso della carriera. Baffoni in bella evidenza, mancino, era dotato di un tiro potente e preciso sia in “corsa” che da “fermo”. Abile nel gioco “aereo”, usufruiva di una volontà formidabile. Enrico Albertosi lo soprannominò “il Cavallo” proprio per l’ impeto inarrestabile che ne caratterizzava le “galoppate” in avanti. Se fosse stato un vino, Aldo Maldera III sarebbe stato un vino pregiato. Un vino per palati competenti e autorevoli.
Un vino da gustare poco per volta. Maldera fu “la” fascia sinistra di quel Milan per tanti anni e seppe essere basilare anche a Roma. Mai Fuoriclasse ma pur sempre Campione.
Difensore forte nei contrasti ed abile di testa, buono sia in marcatura che nella spinta in avanti, Maldera avrebbe potuto giocare anche da mediano o come esterno offensivo pronto a “crossare” e a cercare il fraseggio coi compagni. La visione di gioco non gli faceva certo difetto. Era risoluto e caparbio.
Un duro “educato”. Non mollava mai neppure in marcatura. “Arava” la sua fascia in lungo e in largo e non disdegnava d’andare egli stesso ad impensierire i portieri avversari. Fu un “goleador” niente male, capocannoniere con 9 gol del Milan della Stella allenato dal compianto Nils Liedholm.
In quella squadra Chiodi doveva vestire i panni del “bomber”. Il compianto Stefano fu acquistato dal Bologna per fare gol. In realtà primeggiò specialmente come rigorista implacabile e ottimo “facitore” di gioco in attacco. In quel Milan il “bomber” seppur “occasionale” fu Aldo Maldera. Realizzatore non certo per “caso”.
Cresciuto nel vivaio, tifoso rossonero da sempre, Maldera fa il suo esordio in A con Rocco, il 26 marzo 1972, con la maglia rossonera numero 10 a causa dell’assenza di Rivera contro il Mantova. “Aldone” resta in rossonero dopo il Totonero, ma non dopo la retrocessione sul campo del 1982, quando decise di accettare la corte serrata della Roma “liedholmiana”. Il “Cavallo” accompagnava il gioco di squadra partendo tassativamente dalla sinistra. Tatticamente fu ovunque prezioso. Anche nella Roma divenne presto un intoccabile. Liedholm pur di farlo giocare fu capace di inventarsi Nela terzino destro. Entrambi i giocatori beneficiarono di quella scelta. Specie Nela che giocò a destra anche in Nazionale. Maldera divenne famoso per la sua duttilità.
Nel Milan egli fu il braccio, Rivera la mente. Molti scrissero di Maldera come del nuovo Prati, esagerando parecchio. Aldo amava fare il terzino e sorprendere le difese avversarie. Quello “schema” (Rivera – Maldera) divenne uno un spot per amanti del calcio. Rivera crossava e/o verticalizzava, Maldera faceva gol. “Imprese” che divennero un “cult”. Tutti gli allenatori che dovevano affrontare il Milan studiavano soprattutto come bloccare Maldera.
Alcuni tifosi milanisti lo ricordano per essere stato l’ultimo rossonero ad arrendersi nella stagione 1981-’82, quella della retrocessione sul campo, quando forse già sapeva di essere destinato ad abbandonare Milano per Roma. Lui, milanese, s’innamorò della “romanità”. Maldera seppe trascinare i giallorossi e farsi amare a Roma tanto quanto fu amato a Milano. In giallorosso ha giocato dal 1982 al 1985, vincendo uno scudetto e una Coppa Italia. Giocò la sua ultima stagione da professionista nel 1986-’87 con la maglia della Fiorentina. L’epilogo calcistico. Un finale per cuori forti.