Non è stata verificata la data del 1908, ma generalmente s’intende questo l’anno in cui si mossero i primi calci nella cittadina etnea di Paternò. C’è qualche documento della stagione 1938-‘39, quando con la denominazione di Ibla una squadra paternese partecipava al campionato di Prima Divisione. Solo nel dopoguerra però si organizzò il movimento calcistico paternese con la nascita di diverse associazioni come la Pro Italia, Pro Paternò, la Fiamma Paternò e la Polisportiva Paternò. Nella prima metà degli anni Cinquanta il Paternò disputa campionati dilettanti. Grazie ad una dirigenza molto qualificata guidata da Pippo Gennaro, ebbe una rapida ascesa, che culminò nella promozione in D nel campionato 1961-‘62. Vinto il Campionato di Promozione con la nuova denominazione Polisportiva Paternò, i rossazzurri affrontarono la IV serie in maniera molto dignitosa, raggiungendo degli apici eccezionali, ma purtroppo questa squadra non ebbe mai tanta fortuna e per ben 3 volte si fece soffiare la vittoria del campionato giungendo seconda. Il Paternò allestì già una buona formazione nel campionato 1963-‘64, portando alle falde dell’Etna un giovane palermitano molto promettente come Tanino Troja futuro centravanti del Brescia e del Palermo in A, però nonostante Troja mise a segno molti gol, non si andò oltre un buon quarto posto.
Nel campionato 1964-‘65 provò la prima scalata alla Serie C, allora tra le fila rossazzurre giocavano grandi giocatori come Mario Corti, ex mezzala del Catania in A, ma nonostante i 7 punti di vantaggio sul Savoia di Torre Annunziata dopo 14 giornate, all’interno dello spogliatoio subentrò un dualismo che destinò il Paternò ad un amaro secondo posto. Infatti lo spogliatoio si schierò da una parte con l’allenatore Aldo Riva e dall’altra con il giocatore Corti, il quale non fu sostenuto dalla società e per lui ci fu il ben servito, situazione che fece tracollare quel campionato, L’anno successivo nel 1965-‘66, il Paternò ebbe forse la più forte formazione di tutti i tempi, con Marcello Trevisan in porta (andrà in A col Napoli), difesa con Codraro a destra e Ferrante a sinistra, centrali Palazzo e Ortolani. Il centrocampo vide due ali velocissime come Schettino a destra e Tedesco a sinistra, con Alberti e Sartori mediani, mentre in avanti De Pierro e Busetta furono gli implacabili cecchini.
Il Paternò conduce un campionato di testa con la Massiminiana al secondo posto ad un punto, purtroppo a due giornate dalla fine, i rossazzurri perdono immeritatamente a Scafati, mentre la Massiminiana vince a Palermo contro i Cantieri Navali, per cui c’è il definitivo e beffardo sorpasso che si conferma anche nell’ultima giornata. Purtroppo i beniamini paternesi non furono aiutati dalla fortuna, anche se i ragazzi di Maluta portarono in campo il miglior calcio. Due campionati di transizione e poi nella stagione 196-‘69 con il nuovo presidente Buscemi, i rossazzurri disputano un altro torneo di vertice ma questa volta il testa a testa è contro i rivali di sempre dell’Acqua Pozzillo Acireale. Il Paternò doveva affrontare fuori casa il Siracusa che con il suo orgoglio di nobile decaduta vinse condannando i paternesi alla debacle. Così l’Acireale s’involò solitario al comando battendo in casa il Terranova, vincendo poi l’ultima gara in trasferta a Mazara.
Negli anni Settanta il Paternò allestisce delle formazioni con dei giovani promettenti, ma non c’è la capacità economica per poter affrontare campionati di vertice, per cui bisogna spesso accontentarsi dei piazzamenti. Arriva purtroppo la retrocessione nella stagione 1976-‘77, ma il riscatto è immediato ed i rossazzurri sono nuovamente in D anche grazie alle prodezze di Giovanni Cardella, dei fratelli Salvatore e Luigi Fazio e di Orazio Laudani. Vennero altri campionati in chiaroscuro, questa volta con atleti locali che diedero bella mostra di sé, ma gli exploit furono pochi. Negli anni Ottanta, il Paternò disputa l’Interregionale con alterne fortune, anzi quasi mai con compagini competitive, così nel torneo 1985-‘86 c’è la retrocessione in Promozione. Dopo due anni nel 1988-‘89 i rossazzurri sotto la presidenza Mirenna, allestiscono una formazione all’altezza della situazione, ma lo strapotere di Juventina Gela ed Acireale, li estromette dai giochi finali.
L’anno successivo è l’inizio della fine, la società non sta bene economicamente e manda in campo la formazione juniores, retrocessione in Promozione e fallimento della gloriosa Polisportiva Paternò. Il calcio rinasce l’anno dopo in Promozione grazie al contributo di un giovane imprenditore locale, Enrico Caponnetto ed il suocero Agostino Garraffo, i rossazzurri approdano nella stagione 1993-‘94 in Eccellenza ed è subito derby con il Catania ‘46, appena radiato. 0-0 al Cibali e 2-1 per il Paternò tra le mura amiche, ma con i catanesi non c’è nessuna rivalità, anzi molto rispetto reciproco. Dopo un buon girone d’andata, avviene l’ennesima spaccature nello spogliatoio e le ambizioni di vittoria vengono immediatamente frenate.
Qualche anno dopo Caponnetto lascia la mano alla cordata di imprenditori capeggiata da Consolato Papino e Turi Puglisi, si cerca di fare bene ma non tutto va per il meglio e per il Paternò c’è ancora solo l’Eccellenza. Nel 1997-‘98, la squadra è sull’orlo del baratro, quando un gruppo di imprenditori catanesi nel settore degli autotrasporti rileva la squadra, conducendola alla salvezza. I fratelli Marcello, Franco e Maurizio Lo Bue programmano una stagione di vertice ma nel 1998-‘99, c’è un problema con la guida tecnica e ci si deve accontentare del secondo posto con i relativi spareggi, poi persi con due pareggi a favore dell’Orlandina. Marcello Lo Bue vuole far sul serio ed ingaggia un tecnico di categoria come Giovanni Campanella, il quale centra al primo colpo la promozione in D, anche perché può disporre nelle proprie fila di giocatori del calibro di Pagana, Del Vecchio, Viola, Bosco, Scalia, Scuderi e del giovane portiere D’Antone, 76 punti 80 gol (un record).
Il torneo di D 2000-‘01 comincia con auspici di salvezza, ma la compagine del nuovo allenatore Pasquale Marino dimostra sul campo di avere le carte in regola per osare in classifica. Viene ingaggiato il più forte giocatore paternese del dopoguerra, cioè il bomber Franco “Cicciogol” Pannitteri, il quale nonostante i 35 anni mette a segno 28 gol. Al bomber si aggiungono Pagana, Marchese, Di Dio, Del Giudice e Del Vecchio, ma a dicembre con gli acquisti di Italiano, Sorce e Fimiani si raggiunge la definitiva formazione. L’inizio del torneo vede uno sprint della Vibonese, alla fine del girone di ritorno i punti di svantaggio sono 3, ma erano stati anche 8. A questo punto c’è la rimonta del Paternò, si centrano 8 vittorie consecutive, il sorpasso giunge quando i rossazzurri espugnano Sciacca, ma il trionfo si concretizza con le vittorie di Milazzo e soprattutto nello scontro diretto con la Vibonese, finito 1-0 rete di Saro Italiano. Per i paternesi è la fine di un incubo e l’inizio di un sogno (i punti sono 80 le reti 79), materializzatosi sul campo il 6 maggio in occasione di Paternò – Locri 4-1, dove ha inizio la festa rossazzurra.
La stampa locale titolava che la partita con la Vibonese, avrebbe rappresentato per Paternò un appuntamento con la storia, il 5 maggio c’è stata la definitiva consacrazione con la vittoria sul Locri, ed il Paternò approdò in C2 per la prima volta nella storia del calcio paternese.
I tifosi del Paternò nella storica partita casalinga contro il Foggia
Nel suo primo campionato di serie C2 il Paternò si classifica terzo dietro il Martina e l’Igea Virtus, giocando i playoff contro il Giugliano. Le due gare contro il Giugliano sono state forse le due vere finali dei playoff, i campani insieme ai rossazzurri meritavano di approdare in una categoria superiore.
All’andata il Paternò uscì sconfitto per 2-0, ma grazie ad una splendida gara di ritorno al Falcone-Borsellino i rossazzurri di Pasquale Marino riuscirono a ribaltare il risultato vincendo per 2-0 (reti di Del Vecchio e Rocco Napoli) e qualificandosi per la finale grazie ad una migliore posizione in classifica.
La finale Foggia-Paternò, tutti si aspettavano uno Zaccheria stracolmo di rossoneri, una bolgia che aveva l’obbligo di sostenere i “satanelli” alla conquista della C1, ma per loro sfortuna incapparono in una squadra, ben messa in campo come il Paternò, che ad un certo punto ha avuto anche l’occasione di chiudere le ostilità, terminando la partita sullo 0-0. Il pareggio rimediato a Foggia, aveva in un certo senso spalancato le porte del Paternò, il ritorno al Falcone-Borsellino è stata una gara vibrante, ben giocata dalle due squadre e soprattutto tante azioni da gol a suggellare un match ricco di colpi di scena.
Il ricordo della promozione in C1
Lo 0-0 dello Zaccheria è stato confermato anche a Paternò, per cui ci sono voluti i supplementari per decidere chi avrebbe dovuto accedere in C1, e qui la migliore posizione in classifica dei rossazzurri spalancava le porte della C1 alla squadra di Pasquale Marino. I rossazzurri coronano il grande sogno di approdare nel terzo livello del calcio italiano, e chi lo avrebbe mai detto che dopo un anno di praticantato la matricola etnea sarebbe arrivata in un torneo esaltante come la C1?
Una festa eccezionale per i tifosi paternesi, ma anche un plauso degno di nota per una società ed una squadra che meritano dei palcoscenici sempre più ampi. Una favola che si realizza, per una matricola che gioca un calcio eccezionale, insieme ad un pubblico attaccatissimo ai propri beniamini.
La festa scatta al triplice fischio, qualche minuto prima c’è chi ha esultato per il successo del Catania approdato in B, ma il rossazzurro vincente continua pure a Paternò, dove la C1 è un sogno. La festa del “Quattro Canti” è favolosa, tutti gridano, cantano, ballano e scherzano in nome del Paternò, la città orgogliosa di questi magnifici eroi.
Vai all’articolo originale, le fotografie sono dell’archivio Anicito