Formatosi a Velež Mostar, la città in cui è nato nel 1944, poi passato al Partizan Belgrado dove ha rapidamente guadagnato i suoi gradi da titolare e alcuni titoli nazionali lungo il percorso, diventando rapidamente un nazionale jugoslavo, Ivan Ćurković è arrivato al Saint-Étienne nel 1972 quando avrebbe dovuto firmare per il Bastia. Pierre Garonnaire, avendo fiutato la mossa giusta, lo ha convinto ad unirsi ai Verdi sotto gli occhi dei leader corsi.
Robert Herbin, appena nominato allenatore dell’ASSE, sta cercando di costruire una squadra con i suoi giovani del centro tecnico e due o tre giocatori esperti di cui Ćurko dovrà essere il leader.
Le prime amichevoli difficilmente rassicurano il padrino del club foréziano Roger Rocher, una sorta di roccia senza scrupoli quando si tratta di licenziare un portiere (vedi: il caso Georges Carnus). Le prestazioni di Ivan Ćurkovic sono piuttosto nella media e poco brillanti. Il presidente del Saint-Étienne è arrivato al punto di sfidare il suo reclutatore chiedendogli con il suo verbo molto particolare: “È quello Ćurković?”.
Lo jugoslavo, sconvolto nel profondo, ha poi dato il massimo. È durato otto anni durante i quali Ivan Ćurković ha costruito una difesa di ferro, allenando i suoi giovani terzini in un regime di contrasti incisivi (il suo preferito Christian Lopez) e salite infuocate (l’argentino Oswaldo Piazza) tra gli altri.
Un primo anno di rodaggio – l’ASSE finì al quarto posto nella classifica del campionato francese 1972-‘73 – i Verdi diedero poi spettacolo a tutti gli effetti a partire dalla stagione successiva e per quasi un decennio, vincendo tre titoli di campione consecutivi (1974, 1975, 1976) e Coppe di Francia (1974, 1975 e 1977). A livello europeo, il Saint-Étienne infiamma tutta la Francia con un viaggio da antologia. Partite ricche di colpi di scena che disinibirono il calcio francese in difficoltà in quel periodo, il cui culmine rimase la finale di Coppa dei Campioni del 1976 a Glasgow, persa dal Saint-Étienne contro i panzer del Bayern, ma che elevò questa squadra al primo posto nel rango leggendario. È proprio in questo periodo che Ćurković raggiunge il suo apice, una sera di aprile, sul difficile campo del PSV Eindhoven nella semifinale della Coppa dei Campioni. Nonostante una raffica di attacchi olandesi, ha preservato la porta del Saint-Étienne e il magro divario acquisito all’andata (1-0) a costo di parate decisive e spettacolari, disgustando tutti i suoi avversari. Una partita piena, come dissero i commentatori.
Ricordi con la maglia dell’ASSE
Ma alcune serate sono meno gloriose nel corso della sua carriera. Come quella notte ad Anfield dell’anno successivo contro il Liverpool. Il portiere del Saint-Étienne si lascia bucare dall’inizio del match su un tiro-cross (ancora non lo sappiamo infatti) di Keegan che va a segno. Battuto (3-1) ed eliminato dalla Coppa dei Campioni ai quarti, l’ASSE conclude la sua favolosa epopea in questo stadio leggendario in un’atmosfera indescrivibile… per la gloria dei Reds. Anche la sua fine di carriera all’ASSE somiglia un po’ a questa partita. Lo jugoslavo sta invecchiando, gli manca la velocità e il suo senso del posizionamento lo sta abbandonando.
Protagonista anche nelle Coppe europee
Allo stremo fisico, fu sostituito dopo quattro giornate nel corso della stagione 1980-‘81 – quella dell’ultimo titolo del Sainté – dall’uomo che designò come suo successore e figlio spirituale: Jean Castaneda soprannominato “El Gato” in riferimento alle sue doti naturali per la posizione. Ćurko digerisce piuttosto bene questa esclusione, sa che deve cedere la mano, i guanti in questo caso, ai giovani.
Dietro le quinte, il futuro si oscura un po’ per lui quando uno scontro lo mette contro Robby Herbin.
Quest’ultimo ritiene che Ćurkovic abbia mire sul suo incarico da allenatore. Mentre l’interessato vede piuttosto sé stesso sulla poltrona presidenziale che un giorno Roger Rocher gli ha promesso. Non sarà mai così e il Sainté entra in crisi, lasciando Ćurko in pedana.
Mario Bocchio